Domenica 4 settembre, in via Porta Reale, dalle ore 18, si svolgerà l’incontro pubblico liberamente aperto alla Cittadinanza promosso dal Comitato italiano pro Canne della Battaglia ODV “Omaggio popolare a PIETRO MENNEA per i cinquant’anni dalla medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Monaco del 1972″ con intervento di Ospiti, testimoni del tempo, proiezione di video e letture.
“Saranno cinquant’anni, mezzo secolo fa, quando appena ventenne– commenta il giornalista Nino Vinella – Pietro conquistò lunedì 4 settembre 1972 in Germania la prima medaglia olimpica della sua longeva carriera sportiva ai XX Giochi di Monaco di Baviera (funestati dalla sanguinosa azione terroristica contro gli atleti israeliani che lui stesso racconterà in un libro uscito postumo a luglio 2020) piazzandosi al terzo posto sulla distanza a lui più congeniale dei duecento metri.
“Un “bronzo” che Pietro raccontò in prima persona come tappa fondamentale della propria vita personale e sportiva dalle pagine di un bellissimo, ma ormai introvabile, supplemento illustrato con foto bianconero ed a colori offerto a tutta Italia da “La Gazzetta dello Sport”.
Ecco il ricordo di Pietro Mennea nelle sue parole autobiografiche.
“Per settantatré giorni, dal 17 giugno ’72, data del record europeo dei 200 metri a Milano, al 3 settembre, quando ho corso le qualificazioni di questa stessa gara, la «mia» gara, ai Giochi di Monaco, ho avuto un solo pensiero in testa: vincere una medaglia alle Olimpiadi. E per far questo, mi ero preparato al meglio.
A Barletta, a fine luglio, era venuto persino un primato mondiale, davanti alla mia gente, nella staffetta 4×200.
Ma il mio pensiero era rivolto alla gara di Monaco. Sapevo che là avrei incontrato avversari fortissimi, che io avevo soltanto vent’anni e pochissima esperienza; ma ero preoccupato soprattutto di una cosa: se non avessi vinto nulla, che cosa avrebbe detto la gente di me, dopo tutto quanto era stato scritto dai giornali?“
“Ero quasi prigioniero di un senso di colpa – prosegue così il ricordo autobiografico del campione – che mi spingeva a lavorare con un impegno sempre maggiore. Gli ultimi due giorni, prima di correre allo stadio Olimpico di Monaco, erano stati tremendi; l’idea di dover gareggiare, mi toglieva il sonno; era come se tutto iniziasse e si consumasse nei venti secondi di quella gara. Poi, quando corsi i primi due turni, mi sentii come liberato da un peso.
In finale, mi venne assegnata la seconda corsia. Era il 4 settembre, un lunedì; avevo lo statunitense Larry Black all’interno e Valery Borzov, in quinta. Non si può dire che la prima parte della gara sia stata esaltante: all’uscita della curva ero quinto, a spalla con il sesto.
Ma ero tranquillo, sapevo che iniziava lì la mia rimonta. E così, riuscii a ricucire, almeno in parte, un distacco che pareva incolmabile. No, Borzov era su un altro pianeta, avanti, troppo avanti, inavvicinabile, pronto a vincere a braccia alzate; anche Black era troppo lontano; ma la medaglia di bronzo era mia. A fine gara, ero quasi amareggiato.
Avevo intravisto la medaglia d’argento, ma mi era scappata. Soltanto sul podio ho capito che potevo essere contento”.
“Aveva appena vent’anni, Pietro Paolo Mennea da Barletta. E da quella prima Olimpiade i successi – conclude Nino Vinella – i primati, i record (quel tempo di 19”72 registrato alle Universiadi di Mexico City il 12 settembre 1979, data poi celebrata come “Mennea Day”, è ancora imbattuto record europeo continentale sui duecento) hanno scritto col suo il nome di Barletta dovunque nel mondo.
Barletta ufficialmente “Città della Disfida”. Ma quando saremo orgogliosi di leggere istituzionalmente “e di Pietro Mennea”? E quando vedremo realizzato il tante volte promesso monumento in onore della Freccia del Sud?”
Nelle foto, l’arrivo al traguardo dei 200 metri alle Olimpiadi di Monaco, l’attesa di familiari ed amici nella casa di via Pier delle Vigne, Pietro Mennea mostra la medaglia di bronzo ai genitori