Ieri, domenica 8 maggio, presso la Parrocchia San Riccardo di Andria, si è tenuto il musical per ricordare Suor Margherita Di Schiena, la missionaria uccisa in Congo 58 anni fa.
Il recital, giunto alla sua seconda edizione e diretto da Maria Miracapillo, ha visto la partecipazione di tutta la comunità del quartiere San Valentino, oltre a parenti della suora e fedeli della diocesi andriese.
Una trentina gli attori che hanno reso possibile l’evento, molti dei quali già presenti alla scorsa edizione tenutasi il 27 novembre 2014, in occasione del 50° anniversario del martirio della suora andriese.
BIOGRAFIA.
Suor Margherita, al secolo Angela Di Schiena, nacque il 7 marzo 1932 ad Andria in un’autentica famiglia cristiana. Aveva due fratelli più grandi e due più piccoli, di cui solo uno è ancora in vita. Fin da piccola aveva manifestato una spiccata pietà religiosa.
A vent’anni iniziò il noviziato presso le Missionarie Francescane di Maria a Grottaferrata, vicino a Roma, prendendo il nome di suor Margherita da Cortona.
Quattro anni più tardi, il 22 agosto 1956, si imbarcò per il Congo. A Stanleyville portò il buonumore e la gioia della sua vocazione; svolgeva qualsiasi attività con grande ottimismo. Per otto anni la missione di Stanleyville testimoniò la sua prontezza a rispondere ad ogni richiesta d’aiuto, a qualsiasi costo.
Dal 6 agosto 1964 Stanleyville era diventata un inferno. I ribelli avevano occupato inizialmente la parte centrale della città, sulla Riva Destra del fiume Congo dove erano ubicate le due comunità delle FMM. Queste ultime erano state le prime ad essere prese in ostaggio, seguite da altri gruppi di europei, sia religiosi che civili. Da quel momento, maltrattamenti, insulti e minacce erano diventati sempre più frequenti. I Simba avevano eliminato in fretta tutta l’élite locale, i colti, gli emancipati. Le vittime si contavano a migliaia, e nell’aria si diffondeva l’orrendo fetore dei cadaveri insepolti in decomposizione.
Alla fine questi cadaveri erano stati gettati alla rinfusa nel fiume.
Ogni giorno arrivavano notizie dalle zone limitrofe, un marasma di informazioni contraddittorie, non sempre fondate, ma tutte tragiche: massacri di popolazioni locali, missioni distrutte e saccheggiate, missionari picchiati, torturati e uccisi.
Dall’altra parte del fiume si trovava la terza comunità delle Francescane.
Qui regnava una relativa calma, nonostante l’angoscia e la preoccupazione per le consorelle imprigionate. Ma il 29 ottobre, tutte le suore belghe della comunità di s. Giorgio, anch’essa sulla Riva Sinistra del fiume, erano state costrette dai ribelli a trasferirsi sull’altra sponda, lasciando indietro solo due consorelle ritenute “neutrali”: suor Margherita, italiana, e suor Maria di s. Marciano, spagnola. Il dolore più grande, sia per le rapite che per coloro che restarono, era stata questa separazione forzata.
Da allora c’era stato uno scambio frequente di messaggi tra una parte e l’altra del fiume, grazie a Henry, l’audace messaggero. Erano bigliettini contenenti parole di speranza e fiducia, ma anche di apprensione per la sorte delle consorelle prigioniere, esposte ad ogni tipo di angherie.
Martedì 24 novembre, l’immediata discesa di oltre 200 parà belgi a Stanleyville significò la salvezza degli ostaggi. I parà cercarono di raggiungere anche la Riva Sinistra del fiume in elicottero, ma furono respinti a colpi di mitragliatrice. Così, mentre gli ostaggi della Riva Destra venivano liberati, per quelli della Riva Sinistra iniziava il calvario.
Quel tragico martedì 24 novembre, tutte le suore erano andate a messa e avevano ricevuto la s. comunione. Il giorno prima la comunità di s. Giorgio aveva accolto 15 suore fuggiasche, di diverse congregazioni. Le due suore francescane, Margherita e Maria di s. Marciano, le avevano accolte calorosamente aiutandole in tutti i modi. Fra i fuggiaschi c’erano anche nove padri del S. Cuore.
Verso le nove, per vendicarsi della sconfitta subita sulla Riva Destra, un’orda rabbiosa assalì il convento, prese i missionari e li trascinò alla vicina prigione militare, dove per 24 interminabili ore non fu risparmiato loro alcun tormento. La lunga passione ebbe fine solamente la sera di mercoledì.
“Ci allinearono contro il muro del grande salone,” scrive il superstite p. Schuster, “le donne da una parte e gli uomini dall’altra. A noi uomini fu chiesto di indossare la veste, dopodiché due soldati ci puntarono contro il fucile e ci spararono uno ad uno”.