Nell’infanzia di ognuno di noi c’è almeno un album di figurine il cui completamento sembrava un’impresa e magari non è mai stato raggiunto. Arrivati ad un certo punto, bisognava acquistare un numero ingente di bustine per sperare di visualizzare qualche immagine nuova e non far crescere ancora la pila dei doppioni.
Spesso e volentieri questi ultimi venivano utilizzati sui banchi di scuola per improvvisare giochi di ruolo et similia, sublimando la propria passione verso i personaggi raffigurati, che potevano essere quelli di un cartone animato o personaggi in carne ed ossa.
Le carte collezionabili possono essere viste come un’evoluzione tangibile del desiderio dei ragazzini nei confronti della fruibilità delle figurine. Come gli stickers, infatti, le carte da gioco sono state distribuite da subito all’interno di bustine reperibili in edicola e per vedere ultimata una collezione bisogna andare a tentativi, benché non sia quello il motivo della loro esistenza.
Le carte collezionabili si distinguono dalle figurine perché non sono adesive e riportano valori, dati e regole da sfruttare all’interno di un gioco vero e proprio. In sostanza, possono essere considerate parte integrante di un gioco da tavola, che viene personalizzato ogni volta dai giocatori a seconda delle carte che ognuno possiede.
Il primo gioco di carte collezionabili è stato quello di “Magic: l’Adunanza”, nato da un’idea di Richard Garfield, che andava per la maggiore all’inizio degli anni 2000, anche se già nel 1904 esisteva “The Base Ball Card Game”, che però non fu commercializzato.
Garfield lavorò a un nuovo tipo di gioco da tavola per la Wizards of the Coast pensando a un passatempo che richiedesse pochi materiali e che risultasse divertente anche con partite di pochi minuti. Il prodotto finale superò le aspettative.
Nel 1993 i giochi di carte collezionabili erano già realtà e in particolare “Magic: l’Adunanza” ottenne un successo strepitoso, tanto che negozi ed edicole si trovarono in difficoltà nel soddisfare la domanda e dotarsi di scorte di carte a sufficienza. Anche chi non conosceva il regolamento vero e proprio di questi nuovi giochi di carte era spinto a collezionare comunque queste tessere rettangolari così dettagliate e curate nella grafica. Non ci volle molto prima che pure in Italia scoppiasse la mania per i giochi di carte collezionabili.
Nello Stivale furono soprattutto gli anime giapponesi degli anni ’80 e ’90 a spingere la diffusione di queste carte. “Dragon Ball” e “I cavalieri dello zodiaco” vantano ancora oggi un grande seguito, ma la Nintendo aveva già in mano un asso vincente che aveva rivoluzionato il mercato dei videogiochi proprio grazie a un originale aspetto collezionistico: i “Pokémon”. Il gioco di carte dei mostri tascabili è stato probabilmente quello che ha fatto conoscere ai più il genere in Italia.
Tramite espansioni e serie di pacchetti che vengono messe in commercio a distanza di anni, con l’aggiunta di carte nuove, i giochi di carte collezionabili possono godere di una grande longevità. Di certo decine di volte superiore a quella di un classico album di figurine.
In un’era in cui i videogame mettono in comunicazione i giocatori a distanza di km e il panorama del casinò live online coinvolge i giovani forse più degli adulti, i giochi di carte collezionabili sono riusciti a non tramontare. Nel settore dell’intrattenimento sono loro a rappresentare l’anello di congiunzione tra il presente ipertecnologico e la nostra infanzia priva di app e modem senza fili.