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martedì, 26 Novembre 2024
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Il paradosso dell’anguria e della minerale: costa più un litro d’acqua che un chilo di cocomero

E pensare che 1 kg di angurie, di patate o di altri prodotti, se finisce nella spazzatura, costa alla collettività più di 15 centesimi di euro per finire in una discarica o in un impianto di compostaggio. Costano di più i rifiuti degli ortaggi!

L’anguria è tra i prodotti ortofrutticoli che contiene più acqua. Circa il 95%. Eppure, in un’annata come questa, dove il frutto è stato al centro di una pesante crisi dei prezzi, il cocomero costa meno dell’acqua che contiene: un chilo d’anguria – che ai produttori è liquidato una manciata di centesimi e che nei punti vendita è venduto al dettaglio per qualche decina di centesimi – è più a buon mercato di un litro di acqua minerale in bottiglia, che al supermercato troviamo mediamente dai 0,15 ai 0,50 euro al litro a seconda della marca.

A metterlo in evidenza è ItaliaFruit, che cita un intervento pubblicato sulla pagina facebook di Biodiverso: “Ancora una volta il prezzo delle angurie è crollato e sta costringendo gli agricoltori a non raccoglierle. Non ve ne siete accorti? E non è il primo anno che succede.

Sta succedendo anche per il melone. È successo anche per le patate, a volte per le lattughe – è il ragionamento proposto sul canale social – E pensare che 1 kg di angurie, di patate o di altri prodotti, se finisce nella spazzatura, costa alla collettività più di 15 centesimi di euro per finire in una discarica o in un impianto di compostaggio.
Costano di più i rifiuti degli ortaggi!

Non è concepibile: l’agricoltore lavora mesi e mesi per preparare il terreno, trapiantare, concimare, irrigare, proteggere le colture. E poi rischia di non trovare affatto conveniente raccogliere il prodotto del suo lavoro”.

La questione dei prezzi riconosciuti agli agricoltori resta drammatica e centrale.
CIA-Agricoltori Italiani Puglia lo sta denunciando da tempo. Occorre riconoscere valore ai prodotti e al lavoro degli agricoltori. La questione investe tutte le filiere e i rapporti, ancora penalizzanti per gli agricoltori, tra produttori del comparto primario e GDO.

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