Numerosi casi di violenza giovanile stanno occupando le cronache pugliesi nelle ultime settimane. Quasi sempre alla base ci sono futili motivi, come uno sguardo mal interpretato, a cui seguono insulti e spintoni. E non tutti gli episodi di violenza sono ascrivibili al fenomeno delle baby gang.
Il 3 agosto scorso a Gallipoli due gruppi di ragazzi si sono fronteggiati armati di cinghie, coltelli da cucina e bottiglie di vetro per futili motivi. Qualche giorno prima, a Campomarino, un 25enne è stato massacrato dal branco perché intervenuto in difesa di un ragazzo, fino ad arrivare all’ultimo episodio della scorsa notte a Bari dove un ragazzo ha ucciso a coltellate il fidanzato della sua ex.
“Tutte queste notizie devono metterci in allarme”, afferma il presidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia, Vincenzo Gesualdo. “L’aggressione ed il bullismo hanno come comune denominatore il tentativo di sedare le proprie paure annientando la vittima, individuata sia per caratteristiche di fragilità sia esclusivamente per il gusto di ledere l’altro senza alcun motivo” – continua Gesualdo.
Ci troviamo di fronte a ragazzi che sembrano aver perso il contatto con le regole sociali e prima ancora con la regolazione emotiva. L’acting out, l’agire impulsivo e rabbioso, determina scoppi d’ira e una corsa alla vendetta che non lascia spazio al dialogo, al confronto, al freno inibitore di determinate tendenze. Quello del bullismo è un fenomeno che enfatizza i comportamenti di prepotenza e aggressività come unico canale comunicativo e relazionale.
“Occorre individuare un’area di intervento – continua Gesualdo – che è quella dell’infanzia e dell’adolescenza in cui famiglie e istituzioni che si interessano dello sviluppo dell’individuo orientino i propri processi formativi e di socializzazione alla ricostruzione di sentimenti di identità”.
In quest’ottica la prevenzione, realizzata anche attraverso il potenziamento dei centri di ascolto per le famiglie ed i consultori familiari e la realizzazione del servizio di psicologia scolastica, si presenta come una strategia ineludibile e non procrastinabile. Va promosso quindi, a partire dagli ambienti familiari e scolastici, un clima culturale e sociale che scoraggi sul nascere certi comportamenti prepotenti e prevaricatori.
“Il ruolo dello psicologo è fondamentale per aiutare sia la vittima che il carnefice attraverso interventi di sensibilizzazione sulla comunità, con programmi ed interventi psicosociali e psicopedagogici” – conclude Gesualdo.
“Sia a casa che a scuola è importante insegnare il rispetto verso gli altri, favorire l’autostima e formare, sia gli adulti che i ragazzi, ad affrontare i conflitti, a gestire le emozioni e a rispettare la convivenza civile e le regole”.