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domenica, 22 Dicembre 2024
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Bisceglie – Ecco da dove l’ex bancario spiava i conti correnti di clienti e personaggi famosi

Lavorava nella filiale del gruppo Intesa San Paolo di Bisceglie, il dipendente bancario che, tra il 21 febbraio 2022 e il 24 aprile 2024, ha effettuato un totale di 6.637 accessi abusivi ai dati di 3.572 clienti

Lavorava nella filiale del gruppo Intesa San Paolo di Bisceglie e aveva “il vizio” di spiare i conti correnti dei clienti della Banca. Una notizia che in questi giorni ha creato molto scalpore attirando l’attenzione di testate e tv nazionali.

A Bisceglie, dove operava, non si parla d’altro: ciò ha destabilizzato i cittadini riducendone notevolmente la percezione di sicurezza informatica, specie quella bancaria, anche se si tratta di un evento isolato e sul quale stanno indagando gli inquirenti.

L’ormai ex dipendente bancario, tra il 21 febbraio 2022 e il 24 aprile 2024, ha effettuato un totale di 6.637 accessi abusivi ai dati di 3.572 clienti fra cui anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sua sorella Arianna, alcuni ministri e presidenti di Regione e il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Giovanni Melillo.

L’uomo è stato licenziato nell’agosto scorso. Vincenzo Coviello, 52enne di Bitonto, è indagato per accesso abusivo ai sistemi informatici e tentato procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato. Nei giorni scorsi alcuni ufficiali di polizia giudiziaria, incaricati dalla Procura di Bari, gli hanno perquisito la casa e sequestrato smartphone, tablet, hard disk e dispositivi informatici.

A far scattare le indagini è stata la denuncia, fatta a fine luglio del 2024, di un Primario del Policlinico di Bari, correntista nella filiale di Bitonto, al quale era stato segnalato un numero elevato di accessi sul suo conto.

Ai Pm ha detto di aver agito da solo, per curiosità, ma secondo il decreto di perquisizione del 10 ottobre avrebbe agito “verosimilmente in concorso e previo concerto con persona/e da identificare” ritenuti “mandante/i degli accessi abusivi”.

Secondo gli inquirenti, l’accesso abusivo avveniva «per procurare a sé o ad altri, attraverso la consultazione di quei dati, notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell’interesse politico interno o internazionale, dello Stato dovevano rimanere segrete». 

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