L’arancione ha lasciato da poco il verde al semaforo, dobbiamo attraversare la strada, siamo ancora fermi sul marciapiede in prossimità delle strisce ma nessuno rallenta o si ferma, abbiamo quasi paura, ci guardiamo intorno sospettosi manco fossimo circondati da animali feroci, tanti hanno i finestrini abbassati e la musica ad alto volume, i grandi display delle auto ipertecnologiche accessi che distraggono chi guida.
Non abbiamo ancora il verde pedonale. Aspettiamo. Ora è verde per noi pedoni. Ciò nonostante conviene sempre accertarsi che non ci sia alcun pericolo. Difatti una moto elude il rosso appena apparso, a bordo gente allegra che ridacchia, e si intrufola nell’incrocio a velocità sostenuta, incoscientemente.
Tutti verso il mare, auto parcheggiate alla meglio in ogni dove. Non è certamente colpa dell’amministrazione comunale o nazionale. È assenza di coscienza.
Finalmente sull’altro marciapiede. Sono rari quelli senza dislivelli, avvallamenti o buche: paradossalmente i disabili in carrozzina preferiscono veicolare sulla carreggiata, pericolosa ma almeno piatta, perché non si corre il rischio continuo di perdere l’equilibrio specialmente quando si deambula arrangiandosi a piedi.
Sulle piste ciclabili in pochi comprendono che i pedoni non possono circolare, a meno che non sia indicato da un apposito segnale stradale con sfondo blu in cui una linea verticale separa da un lato la sagoma di un pedone e dall’altra quella di una bici. Leggete l’art. 182 comma 9 del Codice della Strada.
Le facoltà cognitive talvolta tornano utili, basta averle. È capitato che dei pedoni, bambini, siano stati investiti da biciclette condotte senza criterio. Se capitasse, insomma, di riuscire a tornare a casa incolumi si potrebbe, dal proprio balcone al sicuro, riuscire a celebrare la bellezza dell’estate. Ecco la Democrazia che tenta di sopravvivere all’estate appena iniziata.
Siamo tornati alle urne da poco. In un’epoca di, pochezza, miseria politica, scriveva nel 1955 Hannah Arendt: La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini. Nel suo saggio “Che cos’è la politica”, scrive che la libertà e la spontaneità dei diversi individui sono presupposti necessari perché nasca tra gli uomini uno spazio, il solo in cui la politica, la vera politica, diviene possibile […] Il senso della politica è la libertà. […] L’uomo stesso, in maniera alquanto meravigliosa e misteriosa, sembra avere il talento di compiere miracoli […]. I miracoli, quei miracoli, non accadono, non trovano sostanza umana per cui generarsi.
Le città in cui viviamo e votiamo sono, se vogliamo, solo un’Italia più piccola. Al popolo che siamo, ai cittadini che siamo, manca la convinzione che la mente non si apre se prima non si apre il cuore. Frequentare la politica purtroppo non apre il cuore. Andiamo prima educati, istruiti, alle cose più elementari della vita.
Non si può essere eletti nel piccolo di un Consiglio Comunale, come nel grande di un Parlamento o Senato, se non si conosce il costo di un chilo di pane come di pasta e soprattutto il valore del denaro. Se non si ha rispetto per la vita e per la cosa pubblica.
Bisogna costruire il bene comune. Per il bene comune sono morti Matteotti prima e più tardi Aldo Moro. Entrambi desideravano una politica al servizio del cittadino. Auspicavano governi in cui la destra e la sinistra fossero coesi ed entrambi responsabili.
Noi tutti, tranesi, barlettani, andriesi, cittadini italiani e infine europei, siamo chiamati a celebrare la vita democratica che è il governo del popolo (dal greco demos: popolo e kratos: potere). E quando in una democrazia il kratos soggiace il demos, le competenze sono sostituite dalle chiacchiere.
Nelle proprie città si vive schivando buche, aspettando che si liberi un passo carrabile o uno scivolo per disabili, augurandosi di avere la precedenza ad un incrocio e che nessuno passi con il rosso. Assistendo a risse tra parlamentari, a ruberie, a ingiustizie legislative.
Passa la voglia di esercitare il proprio dovere/diritto di voto. Ma è un obbligo civile e morale resistere e cercare di migliore le sorti di ogni governo locale e nazionale, votando senza astenersi. Coraggio e gentilezza sono i primi cambiamenti.
Un popolo sovrano è quello che sa di avere diritti ma anche potere e responsabilità. Democrazia non è un insieme di precari senza la dignità del lavoro, di cure mediche e servizi; non è donne e uomini che adulti ancora non riescono a allontanarsi, emanciparsi, dalle case dei propri genitori.
La democrazia non vuole persone mortificate, sottomesse, umiliate e ricattabili. Rendiamo le nostre case e il mondo un posto migliore.