La Regione respinge la proposta del Comune di Andria e accoglie le osservazioni della Dirigente dell’Oberdan. Si conclude così una travagliata vicenda sulla riorganizzazione delle istituzioni scolastiche della Città che nel settembre scorso aveva causato notevoli polemiche e contrasti sia a livello politico che tra gli stessi dirigenti.
L’iniziativa del Comune che prevedeva uno smembramento dell’Istituto scolastico Oberdan, secondo i giudizi delle opposizioni politiche “”era semplicemente illogica. Nel piano, erano interamente venuti meno i criteri fondamentali di territorialità e continuità pedagogica: gli stessi criteri che, sempre secondo l’amministrazione Bruno, sarebbero stati assunti per organizzare la nuova rete scolastica”.
La decisione presa dalla Giunta Regionale, con soddisfazione accolta dagli organi rappresentativi della Scuola Oberdan, è secondo gli stessi componenti “una decisa vittoria della Comunità Scolastica che si è impegnata nella elaborazione di una proposta per il superamento delle forzature previste dal Piano comunale. Tra l’altro si tiene a sottolineare il pesante trattamento riservato ai genitori, agli operatori e alla Dirigente della Scuola allorquando hanno manifestato il loro dissenso.” Ora l’Istituto comprensivo verrà costituito con la Scuola Media Vittorio Emanuele, lasciando integri i plessi dell’Oberdan e non smembrando il plesso Don Tonino Bello sul quale si era appuntata la polemica più aspra; fino a ipotizzare da parte del consigliere Andrea Barchetta un conflitto di interesse dell’Assessora alla Pubblica Istruzione nella gestione del provvedimento. Ora dall’Oberdan fanno sapere che la decisione della Regione rappresenta senza mezzi termini una chiara vittoria della Scuola. E aggiungiamo noi, una concreta dimostrazione dell’importante contributo che la partecipazione democratica dei cittadini (spesso ingiustamente rigettata) può offrire ad una buona gestione della cosa pubblica. Una lezione di democrazia soprattutto per quelle truppe che si sono presto attivate per difendere un infelice provvedimento e, in particolare, per quei media che hanno esercitato una censura preventiva sulle voci della gente comune.