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venerdì, 27 Dicembre 2024
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Una settimana a Berlino per gli studenti e i docenti del CPIA BAT “Gino Strada”

Dieci studenti adulti, due docenti, il dirigente scolastico del CPIA BAT “Gino Strada”, dal 6 al 13 maggio scorsi, hanno potuto vivere una settimana di vera formazione a Berlino

Grazie al consorzio di scuole brillantemente capeggiato dall’IPSSEC “Adriano Olivetti” di Monza, grazie alla efficientissima organizzazione della AbroadConsulting di Berlino, grazie ai fondi della Comunità Europea, dieci studenti adulti, due docenti, il dirigente scolastico del CPIA BAT “Gino Strada”, dal 6 al 13 maggio scorsi, hanno potuto vivere una settimana di vera formazione a Berlino, insieme a studenti e docenti dei CPIA di Cinisello Balsamo e Lecco.

Ricchissimo il programma di visite e incontri di formazione. Impossibile soffermarsi su tutti. Li ricordiamo brevemente: le visite all’ErinnerungsstätteNotaufnahmelagerMarienfelde (Memoriale del centro per i rifugiati di Marienfelde), al lager di Sachsenhausen, al memoriale del Muro, al Tränenpalast (Palazzo delle Lacrime), a East Side Gallery, a Potsdam, al Reichstag, all’Humboldt Forum, al KullturBrauerei (il museo della vita e della miseria quotidiana della popolazione di Berlino Est prima dell’abbattimento del Muro), al Checkpoint Charlie, al Memoriale della vittime della Shoah nei pressi della porta di Brandeburgo, al Museum Blindenwerkstatt di Otto Weidt, una sorta di Schindler berlinese che nella sua fabbrica di scope assumeva solo ciechi o ipovedenti ebrei e che, quando venivano arrestati, li seguiva fino ad Auschwitz o Terezin pur di provare in ogni modo ad aiutarli.

Meritano una citazione a parte tre momenti che sono parsi particolarmente significativi.

Il primo. La visita alla SAGefängnisPapestraße ovvero il Memoriale della prigione SA Papestraße. Si tratta di un posto fuori del comune, una sorta di lager in miniatura, vi furono incarcerate fino a 400 persone per volta, ammassate in poche celle, da marzo a dicembre del 1933.

È il solo sito storico rimasto a testimoniare che la strategia del terrore nazista a Berlino partì da subito e che già allora furono sperimentate, sulle migliaia di prigionieri che vi transitarono, tecniche di tortura e disumana violenza che poi sarebbero state messe a sistema per la “soluzione finale”. E accadde a Berlino, tra abitazioni di civili, in una cantina. Solo che nessuno disse e fece niente, nonostante le urla dei torturati.

Il secondo. La visita alla Topografia del terrore, in tedesco TopographiedesTerrors, un Memoriale interamente dedicato a illustrare al mondo, ma soprattutto agli stessi tedeschi, le atrocità compiute dal regime nazista: nulla di simile è in Italia a illustrare i lati più tenebrosi del regime fascista.

A quanto pare, noi la polvere tendiamo a nasconderla sotto il tappeto. I tedeschi, invece, continuano a costruire musei e li chiamano memoriali. Per non dimenticare. Il terzo. L’incontro con un germanissimo docente dell’Università di Stanford che, in un amabile e sorridente inglese, ha sottolineato tutte le contraddizioni del nostro Paese e ha ricordato che se noi italiani non capiremo che di migranti abbiamo bisogno, che in realtà non siamo noi ad aiutarli, ma loro ad aiutare noi, e che, tra le altre cose, ci ricordano “come si fanno i figli”, molto presto, nell’arco della nostra stessa vita, perderemo un terzo della popolazione italiana, passando da 60 a 40 milioni.

E sarà un disastro dal punto di vista economico e del welfare. Appunto. Magari dovremmo pensarci un attimo. Magari ci torna la memoria di quando emigranti eravamo noi.

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