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domenica, 8 Settembre 2024
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Ritornano sulla scena i Drem’s Project: “Parte” è il terzo singolo della band

Nove anni fa i Drem's Project erano una delle band più interessanti della zona: tanti live per tutta Italia ed un pezzo. Abbiamo fatto una piccola chiacchierata con Luigi Del Giudice, componente della band

Nove anni fa i Drem’s Project erano una delle band più interessanti della zona: tanti live per tutta Italia ed un pezzo, “L’indifferenza”, che tracciava un sound che si distaccava leggermente dal reggae per incontrare il funk, dando vita ad un sound unico in tutta Italia. Poi più niente per dieci anni, fino ad arrivare al “Sandoritorno” dei giorni nostri, un live che ripropone i loro vecchi brani, con una guest star d’eccellenza, Roberta Gentile.

È di qualche giorno fa, invece, l’uscita del loro terzo singolo, dopo “Umani” e “Due”. “Parte”, il titolo della canzone, parla di come superare momenti difficili e rinascere più forti di prima. Un po’ la storia della band, ritornata con la formazione originale, con Luigi Del Giudice, in arte DREM, e Pietro Santoro, in arte STILLAH, come cantanti, Vito Colasuonno, in arte EASƏ, al pianoforte, Claudio Suriano, chitarra, Giuseppe Celiberti alla batteria, Davide Suriano, basso. Se i testi sono per la maggior parte di Drem, in collaborazione con Stillah, lo sviluppo musicale invece è condiviso da tutti.

In occasione dell’uscita di “Parte” abbiamo fatto una piccola chiacchierata con Luigi Del Giudice.

“Parte”, il titolo, può essere inteso sia come ripartire, che come fare la propria parte dopo un periodo di crisi. Da dove nasce la necessità di questo brano?

La necessità è quella di saggiare e scoprire il proprio meraviglioso fondale, per poi riemergere più innamorati di prima della vita. I momenti c.d. “Difficili” possono essere interpretati per l’appunto come parti/porzioni di vita, in modo da riuscire a conferirne una certa ponderazione rispetto a tutta un’esistenza, ben più estesa. Il concetto di partenza/ripartenza poi, è associato al darsi uno scatto consapevole verso il futuro, con il rispetto del momento vissuto, ma con la necessità di essere liberati da quest’ultimo.

Sembra che vi siate divisi il brano, la strofa pregna di dubbi e domande che assalgono quando si è giù, per poi sfociare nella catarsi del ritornello.

Nei testi cerco di racchiudere tutta l’argomentazione, per poi proporre a me stesso e all’ascoltatore una sintesi del tema, come se fosse una descrizione dei “risultati” del lavoro svolto, risultati tutt’altro che definitivi. La terza strofa è stata affidata a Pietro (Santoro, alias Stillah) ed ha uno spazio a sé, ha la medesima funzione del ritornello, ma con delle conclusioni che setacciano delle angolazioni differenti, comunque compatibili con gli stessi ritornelli. Nel percorso che stiamo tracciando, Parte esorta a vivere pienamente i momenti di luce, consapevoli che essi derivano necessariamente dal buio. Se non ci fosse questo, non riusciremmo nemmeno a qualificarli!

“Troppo piccola a resistere la mia creatura è rimasta congelata a temperatura”. Non credi rappresenti un po’ la storia della band?

Come si può intuire, il riferimento principale è alla propria esistenza, ma è ascrivibile a qualsiasi percorso. Quindi, la risposta è affermativa: anche il nostro progetto musicale è una realtà fragile, poco maneggevole. Punto e a capo. Con questa fragilità, quest’anno festeggiamo i nostri sedici anni. Dal 2007 è cambiato tutto, da noi protagonisti, al mondo della musica, al nostro termometro delle aspettative su questo progetto. Non siamo però spaventati, questa apparente mancanza di stimoli materiali ci fa stare molto rilassati: possiamo dedicarci alla creatività nuda e cruda. È un vero miracolo poter parlare a nome di Drem’s Project nel 2023 ed è altrettanto miracoloso aver mantenuto grossomodo la stessa formazione, nonostante tutto, da almeno 10 anni. Puntiamo alla maggiore età! (risata).

Nel ritornello si sente voglia di libertà in un mondo che va a marcire. Ho pensato fosse anche un rimando al vostro stile musicale, che mischia un po’ di generi.

Penso che ci si affacci ad un mondo che vada nella direzione per cui valga tutto: inclusione totale e mancanza di confini. Abbiamo già parlato del grande limite dell’essere umano (la morte, nda), in un brano che si chiama “Umani”, uscito all’inizio del 2022. Ciò inteso, il mondo va declinandosi in forme che possono essere percepite come marce, degeneri, scandalose, se ci si installa all’interno di certe visioni e ci si erge a pulpito. Questa Parte del percorso appunto, può essere vista come, al contrario, la meraviglia per la scoperta di un nuovo corso dell’umanità e di converso, della musica! Abbiamo sempre cercato di fondere generi, contaminare, sperimentare. In questo caso, abbiamo pubblicato un brano in controtendenza: un po’ Retrò (che strizza l’occhio agli 80’s) nelle sonorità, ma giusto ambiente per i temi trattati.

Il primo singolo è stato “Umani”, poi “Due” che fa un riferimento all’anima, e qui cantate “l’indifferenza resta il mio peccato capitale”. Avverti una mancanza di umanità in questi giorni?

L’indifferenza è il sintomo, il nichilismo è la malattia. La mancanza di “umanità” è il prerequisito di tutto il lavoro rimesso in piedi a partire dal 2020 con la band. Stiamo tracciando un percorso che descrive, canta, trasuda e supplica umanità da sé e da chi ascolta. Laddove, per mezzo della macchina nichilista, si trasforma la storia in attimi, periodi autonomi di vicende senza passato e senza futuro che hanno per protagonisti individui vaganti e svuotati di legami reali, il recupero dell’umanità coglie il bene che c’è nei terrificanti attimi, e li muta in “momenti”: parti di una storia scritta e da scrivere, che parzialmente mantiene l’autonomia della brevità, ma che non si ferma a questa valutazione. Il recupero dell’umanità (in “Umani”), le spinte animiche (in “Due”) e la rinascita (in “Parte”) sono tutti pezzi di un puzzle che va componendosi: detto in altre parole, sono tracce di un EP che va dispiegandosi brano dopo brano!

A cura di Nicola Ieva

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