“Tutti gli esseri umani hanno fame di vita, hanno sete di gioia di vivere e desiderano felicità e prosperità, è per questo che noi cristiani crediamo nel “Dio vivente”. Eppure, succede che ancora una volta ci troviamo a raccontare dell’ennesima tragedia di 100, tra morti e dispersi migranti tra cui tantissimi bambini, sulle coste di Cutro in provincia di Crotone in Calabria.
Come padre, come servo e come figlio di questa Chiesa sento tutta la responsabilità di far sentire la mia voce di sdegno per questa ennesima tragedia. E insieme avverto la coscienza di non fare mai abbastanza per questi nostri fratelli e sorelle”. Così Mons. Luigi Mansi, Vescovo di Andria, commenta l’ennesimo naufragio avvenuto sulle coste della Calabria nella notte tra sabato e domenica.
“Mentre noi stiamo comodi sui nostri divani da questa parte di occidente, loro, per trovare possibilità di vita, sono costretti a fuggire e morire tragicamente in mare, affidando la loro vita e quella dei loro figli, talvolta anche molto piccoli, a mercanti di morte che operano senza scrupoli, sotto gli occhi di governi che si mostrano incapaci, se non impotenti ad arginare questo vergognoso traffico di esseri umani.
Tutto questo ci deve far interrogare in che modo noi credenti -prosegue Mons. Mansi- incontriamo Dio e mi riecheggia la denuncia del Profeta Isaia che nel I oracolo accusa gli abitanti di Sodoma e Gomorra di smetterla “di portare offerte inutili; perché le mani sono piene di sangue, di imparare a fare il bene, di cercare la giustizia, di rialzare l’oppresso e fare giustizia all’orfano, e difendere la causa della vedova”. Infatti il teologo H. Muhlen spiega che “il tempio di Dio è la storia umana, il sacro esce dalle strettoie dei luoghi di culto”. Perciò il nostro incontro con Dio avviene nell’incontro con tutti gli uomini e le donne che hanno bisogno di aiuto perché vittime di ingiustizie e soprusi”.
L’atto di carità più alto che oggi possiamo fare come comunità di credenti, -sottolinea il Vescovo della Diocesi di Andria- all’interno della grande comunità europea, è creare condizioni favorevoli per salvare queste vite, senza “se” e senza “ma”. Basta con certi slogan, con giochi di potere e rimpalli di responsabilità. Basta con questa solidarietà a corrente alternata.
“È necessario un atteggiamento vitale che concretamente traduca le promesse in fatti, in leggi, in strutture per il bene di questi fratelli e sorelle -esorta Mons. Luigi Mansi- che, spinti dalla disperazione, arrivano sulle coste della nostra Italia.
A monte ci sarebbe il bel più serio problema di queste intere popolazioni che fuggono da territori che politiche scellerate del mondo occidentale hanno reso inabitabili. Perciò, anche se le difficoltà sono reali ed enormi, l’impegno nel quotidiano ci deve portare ad avviare processi di giustizia sociale e di fraternità universale che oggi, più che in qualsiasi altro momento della nostra storia, ci chiedono urgenza, decisione e azione”.