“Dall’efficientamento energetico a quello idrico, il passo è breve. Di crisi in crisi, eccoci di fronte pure al dramma della scarsità dell’acqua con Regioni e Comuni decisi a chiudere i rubinetti dai quali statisticamente se lasciati aperti, gettano all’incirca 13 lt. al minuto”.
A dichiararlo è il dott. Benedetto Miscioscia, coordinatore FareAmbiente Puglia.
“Uno spreco che si aggiunge all’altro preoccupante spreco determinato dalla dispersione della nostra rete idrica che a livello nazionale arriva fino all’80%. Sappiamo dell’importanza vitale dell’acqua, bene prezioso ed esauribile, sin dall’antichità e la nostra “Apulia” ne sa qualcosa. Basti pensare che la percentuale di acqua piovana raccolta in Italia, si ferma secondo coldiretti ad appena l’11%.
Per non parlare della scarsa cultura per il suo riutilizzo. Mai, a memoria d’uomo, si ricorda che, addirittura, il nord dell’Italia potesse ritrovarsi con gran parte dei fiumi in secca. L’acqua, è una delle fonti di primaria importanza per la sopravvivenza del genere umano e non solo, per il quale sono sorti anche dei conflitti per il suo controllo. Questa crisi che conduce diritto a porre in essere un serio piano di razionamento, apre nuovi scenari sugli obiettivi che una seria programmazione politica di un paese dovrebbe porre in essere, sfruttando le opportunità offerte dal famoso PNRR.
Un piano lungimirante al quale un paese come il nostro se ha veramente a cuore la propria sopravvivenza, in nome di quella transizione ecologica tanto “abusata”, dovrebbe guardare per impiegare parte delle ingenti risorse finanziarie nell’investimento di un progetto nazionale che dovrebbe prevedere una moderna e seria riconversione delle migliaia di depuratori che trattano e depurano le nostre acque reflue domestiche che, invece di essere recuperate e riutilizzate per uso agricolo e industriale, vengono sversate in alcuni casi mal depurate direttamente in mare e non solo.
In un momento di crisi idrica che, certamente, si farà sempre più preoccupante negli anni a venire, diventa prioritario ripensare al loro riutilizzo previo adeguato trattamento si potrebbe mettere in campo; oltre a avviare progetti per la realizzazione di impianti di dissalazione dell’acqua di mare che sommerge il 70% del nostro Pianeta, rispetto al 2,5% dell’acqua dolce.
Una problematica che va seriamente affrontata da chi ha responsabilità di governo del nostro Paese comprese le stesse Regioni e più in particolare quelle che patiscono la scarsa disponibilità di acqua con l’aggravante dello sfruttamento e/o depauperamento delle acque di falda che, come ad esempio per la nostra Regione, sono compromesse dal preoccupante e grave innalzamento del livello di salinità.
L’assurdità è che da un lato ci sono altri Paesi avanzati in cui il riutilizzo delle acque di depurazione è prassi, dall’altra il sistema di depurazione italiano e pugliese presenta una grande falla, stando ai dati forniti da #italiasicura che rivelano come la copertura del servizio depurazione pugliese, ad esempio, è pari a circa il 66% del territorio. Insomma, una situazione grave, soprattutto se si pensa che il nostro Paese, compresa la Puglia, in quanto penisola, si ritrova con migliaia di chilometri, circa 8 mila, di coste bagnate dalle acque di ben 4 mari, isole escluse.
Se si hanno veramente a cuore gli interessi del nostro Paese ma soprattutto la sopravvivenza degli italiani delle loro attività produttive si incomincino a riprogrammare gli investimenti del PNRR per realizzare o modernizzare il sistema della depurazione delle acque reflue domestiche degli 8.000 comuni italiani e per realizzare dissalatori.
La grave crisi idrica in atto, non può e non deve farci stare tranquilli se si è giunti, dopo 80 anni, a mettere in discussione nel nord del paese, l’utilizzo dell’acqua anche per alimentare le centrali idroelettriche che forniscono al nostro paese circa il 20% del fabbisogno energetico, altro settore in crisi per il quale dovremmo aprire un’altra seria discussione, considerata la crisi in atto per colpa di un’altra insensata e preoccupante guerra che oltre ai danni sociali, economici ed umanitari sta determinando un’altra grave indiretta conseguenza, colpevolmente poco evidenziata e discussa: le gravi ripercussioni di natura ambientale e conseguentemente climatiche” – conclude Miscioscia.