Si è svolta domenica 15 maggio la Giornata comunitaria delle persone ucraine presenti nella nostra Diocesi organizzata dalla Caritas diocesana di Andria. Le famiglie sono ospitate presso alcune strutture parrocchiali o presso parenti già residenti in città e conoscenti. La manifestazione si è svolta presso la sede dell’UNITALSI in Via Porta Pia.
La giornata è stata pensata come opportunità per le persone ucraine di ritrovarsi insieme ormai dopo due mesi che sono in Diocesi e non sempre hanno avuto la possibilità di condividere alcuni momenti della loro permanenza da noi. Una comunità che si ritrova intorno ai propri colori, ai propri sapori, alle proprie tradizioni.
Infatti, grazie alla collaborazione dei volontari dell’UNITALSI, è stato possibile organizzare l’intera giornata con laboratori ludico-ricreativi per i minori (circa 20) e di addobbo e di gioco per gli adulti (purtroppo solo mamme e nonne che hanno dovuto lasciare in patria i propri uomini perché impegnati nella difesa della propria patria).
Le mamme, inoltre, hanno potuto realizzare un piccolo laboratorio di cucina perché anche noi potessimo assaporare la bontà dei loro piatti tipici. Si è trattato di una giornata in cui hanno potuto vivere serenamente, con persone che condividono lingua, cultura e tradizioni, mettendo un po’ da parte l’ansia e il timore per la guerra in corso e sperare insieme per la realizzazione della pace.
Al loro fianco i volontari dell’UNITALSI con la presidente l’avvocato Mariangela Cannone e della Caritas diocesana con il direttore don Mimmo Francavilla che hanno condiviso tutti i momenti della preparazione e della realizzazione della giornata.
È importante far avvertire come l’accoglienza non consista solo nell’offrire un tetto o un piatto, o comunque episodica, ma sapere condividere parte della propria vita, mettersi al fianco, sostenerli in un percorso di conoscenza e di integrazione in un paese straniero. L’estate ormai prossima non ci deve portare a dimenticare il dramma della guerra e l’urgenza di costruire percorsi di pace.
Dopo l’ondata emotiva dei primi giorni non deve assopirsi la consapevolezza di farsi carico e prossimi di chi è in una situazione di vulnerabilità o comunque di difficoltà: vite e relazioni interrotte, desiderio di riprendere le proprie attività e la difficoltà di trovare un posto di lavoro o anche solo di poter essere utile. Anche in questo caso stiamo imparando che la solidarietà deve avere passi lunghi o, se vogliamo usare una immagine sportiva, non si accontenta di centometristi ma di maratoneti.
Proviamo come comunità cristiana e civile a sostenere il cammino di queste donne e ragazzi perché possano riappropriarsi del proprio futuro e far avvertire intorno a loro il calore e l’affetto di una comunità attenta e vigile, compagna di strada nel tessere trame di pace, di ospitalità, di solidarietà.