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domenica, 22 Dicembre 2024
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Leonardo Di Renzo, dopo Artefatti AD&P, avvia un nuovo progetto di vita e di lavoro. L’intervista

L'intervista all'art director e graphic designer

Ci puoi riassumere la tua esperienza di vita e di lavoro?

Giovanissimo ho frequentato le botteghe tipografiche e serigrafiche offrendo il mio contributo sui progetti grafici. Sin da allora mi sono impegnato nella promozione della cultura del progetto grafico, dirigendo numerosi progetti e offrendo consulenze a decine di aziende e a enti e istituzioni del settore pubblico.

Ho affinato la mia naturale inclinazione studiando a Roma presso l’Istituto Europeo di Design dove nel 1992 ho conseguito il diploma con il massimo dei voti e la lode.

Nel 1994 avvio il mio studio di progettazione grafica Artefatti Comunicazione. Nel 2000 nasce Artefatti AD&P, specializzata in brand design, corporale identity  e advertising.

Ma, mi pare, ci sia dell’altro…

Per l’Associazione Italiana Design per la Comunicazione Visiva (AIAP), della quale sono socio dal 1996, sono stato consigliere dal 2000 al 2006.

Nel 2005-2006 il Politecnico di Bari, mi ha affidato la docenza di alcune lezione nel Corso di Laurea in disegno industriale – laboratorio di progettazione grafica.

Vari miei progetti sono stati selezionati e pubblicati da Compasso D’Oro, EULDA, AIAP, Disegno Industriale, La Triennale di Milano, Artlab.

Significativa la partecipazione a eventi e mostre come The New Italian Design con esposizioni a Milano, Istanbul, San Francisco. Alcuni progetti sono stati esposti presso all’Affiche Museum di Hoorn in Olanda.

Quali sono i designer di riferimento, se ci sono, che hanno influenzato il tuo lavoro?

Mi piace studiare e restare aggiornato. Pur essendoci regole rigorose, il design si allinea all’evolversi dei tempi, spesso influenzandoli e dettando stili. L’innata curiosità e il bisogno di imparare mi hanno fatto avvicinare a studi di design e a maestri straordinari che hanno ispirato le mie scelte: Paul Rand, Munari, Albe Steiner, Massimo Vignelli, AG Fronzoni, Max Huber, Bruno Monguzzi, Remo Muratore, sono tra i massimi esponenti del design contemporaneo. Non ho mai rinunciato, però, alla voglia di immaginare, sperimentare, provocare in  modo semplice ed etico.

Hai deciso di chiudere l’esperienza di Artefatti Ad&P. Come sei arrivato a questa decisione?

Dopo l’esperienza di Artefatti Comunicazione  durata dal 1994 al 2000 e di quella con Artefatti AD&P che per ben 22 anni mi ha visto operare con Gino Maisto e con tanti altri bravi collaboratori, ho creduto fosse giunto il momento di affrontare nuove sfide e di intraprendere altri percorsi. Artefatti AD&P ha inciso sullo stile della comunicazione per tutti questi anni con riscontri assai positivi. La mia decisione è maturata in uno dei momenti migliori per Artefatti AD&P,  fatto di successi e di grandi soddisfazioni. È il miglior modo per lasciare un luogo e un ambiente culturale nei quali sono stato per oltre venti anni. Nella vita è così: si chiude un capitolo per iniziarne un altro.

 La pandemia, il Covid, ha inciso sulle tue scelte?

Non è da escludere. Le situazioni legate al Coronavirus hanno creato un senso di inquietudine e di instabilità. I dati che vengono pubblicati sono molto chiari: nei primi dieci mesi del 2021, 777.000 italiani hanno abbandonato volontariamente il posto di lavoro. Negli Stati Uniti, nel solo mese di agosto, hanno rinunciato all’impiego più di 4 milioni di lavoratori. Il perdurare della pandemia sta spingendo molte persone a ripensare ai propri obiettivi a lungo termine. Lo chiamano Big Quit o la Great Resignation. Sicuramente non penso alla rassegnazione. Per me è importante adesso inaugurare una nuova fase della mia vita, trovare sollecitazioni e motivazioni diverse, avviare altri progetti.    

A questo si è affiancato l’enorme amore per la vita di campagna. Gran parte del mio tempo libero lo trascorro in Valle d’Itria tra gli ulivi centenari e le antiche pietre con cui sono costruiti i coni dei miei trulli.

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