Nella settimana che segna il triste anniversario del primo anno di detenzione dell’attivista egiziano saranno affissi negli spazi dedicati della città di Andria i 10 manifesti vincitori dell’ edizione speciale del concorso internazionale di comunicazione sociale “Poster For Tomorrow“.
I poster di Moises Romero (Messico), Zlatan Dryanov (Bulgaria), Christopher Scott (Ecuador), Rashid Rahnama (Iran), Andrea Rodrigues e Rita Reis (Portogallo) e degli italiani Mattia Pedrazzoli, Massimo Dezzani, Arianna Posanzini e Michele Carofiglio sono stati selezionati in due fasi successive da una giuria internazionale, tra gli oltre 900 provenienti da quasi 50 Paesi in tutto il mondo.
Obiettivo del contest, ideato da Amnesty International Italia, dal festival Conversazioni sul futuro dell’associazione Diffondiamo idee di valore, in collaborazione con il Festival dei Diritti Umani di Milano e l’Associazione Articolo 21, con il patrocinio di Università e Comune di Bologna, è quello di unirsi, con il linguaggio dell’arte e della creatività, alle donne e agli uomini che nel mondo chiedono l’immediata liberazione di Patrick Zaki studente in carcere esattamente da un anno nel suo Paese come prigioniero di coscienza, detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media.
L’affissione dei poster servirà a sensibilizzare la cittadinanza sul tema oltre, a far arrivare, assieme a tutte le altre affissioni che contemporaneamente coloreranno le strade d’Italia, un ideale grande sostegno a Patrick Zaki in attesa della sua liberazione.
L’APPELLO.
Il 7 febbraio 2020 Patrick Zaki, studente egiziano del Gemma (Master Erasmus Mundus che si occupa di “Women’s and Gender Studies”) dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, viene fermato all’Aeroporto del Cairo, appena atterrato con un volo proveniente dall’Italia.
Dopo diverse ore di sparizione forzata, ricompare il giorno dopo, 8 febbraio, di fronte alla procura della città di Mansura per la convalida dell’arresto. Il mandato di cattura contiene le accuse di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento a manifestazione illegale, sovversione, diffusione di notizie false e propaganda per il terrorismo. Dopo estenuanti rinvii, le prime due udienze del processo si tengono però solo a luglio. Nella seconda, quella di domenica 26, il giovane studente – visibilmente dimagrito – incontra i suoi avvocati per la prima volta dal 7 marzo.
Il 25 agosto, sempre per la prima volta da marzo, vede sua madre, per un breve colloquio. Il 7 dicembre il giudice della terza sezione del tribunale antiterrorismo del tribunale del Cairo annuncia il rinnovo per 45 giorni della custodia cautelare. Il 19 dicembre Patrick incontra nuovamente la madre nel carcere di Tora.
«Sono fisicamente e mentalmente esausto, non ne posso più di stare qui e mi deprimo a ogni tappa dell’anno accademico mentre sono qui invece che con i miei amici a Bologna», le racconta. In questi mesi la famiglia ha ricevuto solo due brevi lettere a fronte delle almeno 20 che il ragazzo aveva scritto e inviato.
Noi riteniamo che Patrick Zaki sia un prigioniero di coscienza detenuto esclusivamente per il suo lavoro in favore dei diritti umani e per le opinioni politiche espresse sui social media. Dedichiamo questa iniziativa a tutte le persone prigioniere di coscienza rapite, torturate, sparite, recluse ingiustamente. E a tutte le giovani e i giovani che girano il mondo per studiare, ricercare, condividere, costruire una società migliore.