Non si placano le dure reazioni in merito alla decisione presa dall’amministrazione di non esercitare il diritto di prelazione sull’acquisto dell’ex palazzo delle Poste. Ad intervenire, con una nota riportata di seguito, è il Colletivo Exit, che rivendica, con degli striscioni affissi sul medesimo palazzo laddove ci sono i fori delle fucilazioni risalenti al 1943, “La nostra memoria non è in vendita”
“Decenni di ubriacatura ultraliberista ci hanno fatto credere che il privato era sinonimo di efficienza, di qualità e di una nuova visione dello sviluppo economico.
Questa nuova religione ci è stata imposta con la forza e ha inaugurato una nuova era che ha letteralmente annichilito qualsiasi progetto alternativo.
La politica infatti si è ridotta a mera esecutrice dei diktat delle imprese che negli ultimi 20/30 anni hanno fatto e disfatto a loro piacimento.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti; città e territori trasformati e plasmati secondo le esigenze del capitale che chiedeva e chiede mano libera per i propri affari.
Non si sottrae a questo progetto la città di Barletta, con la vicenda ultima che riguarda il palazzo delle poste.
Il mancato acquisto dell’immobile da parte dell’amministrazione Cannito è stato giustificato da molti esponenti politici con il rischio di un danno erariale alle casse comunali.
Chissà perché in passato questi stessi politici non si sono preoccupati del danno economico quando precedenti amministrazioni accomulavano debiti per milioni di euro fatti poi ripagare alla collettività.
Ma questa questione è diventata secondaria nel dibattito pubblico; sapevamo benissimo che la classe politica si sarebbe tirata indietro e non avrebbe esercitato il diritto di prelazione.
Quello che ci preme affrontare con l’esposizione dello striscione è il fatto che la memoria della nostra città non è in vendita, nessuno può comprarla per farci quello che vuole.
Non è solo tangibile nei fori dei proiettili impressi nella parete dove il 12 settembre del 1943 i nazisti trucidarono vigili urbani e netturbini.
La memoria è un bene immateriale che esula dal contesto in cui si è forgiata per irradiarsi nella coscienza di una popolazione.
Una memoria che per essere mantenuta in vita necessita di una pratica quotidiana tra le pieghe del nostro tessuto sociale; questa pratica sicuramente non appartiene ad un pezzo della maggioranza che governa la città, nostalgica del regime fascista, complice dei nazisti.
Per fortuna questo esercizio è stato posto con forza da movimenti, associazioni e singoli cittadini che in queste settimane hanno messo sul piatto la questione dell’acquisto di palazzo delle poste.
Questa moltitudine rappresenta un ostacolo arduo per tutti quei soggetti pubblici e privati che pensano che il profitto abbia la priorità assoluta sulla nostra dignità e sulla nostra memoria.”