Che la dieta mediterranea facesse bene, è ormai arcinoto. Ma per la prima volta si può quantificare quanto incida sull’aspettativa di vita. E il risultato è sorprendente: fino a 9 anni in più, se l’aderenza è piena e costante.
Le basi sono scientifiche: lo dimostra una ricerca avviata nel lontano 1985 – la prima mai condotta in quest’ottica – dall’Irccs de Bellis di Castellana Grotte, e ora approdata sulla prestigiosa rivista International Journal of Epidemiology.
Descritta per la prima volta negli studi di Ancel Keys nei primi anni ’50, la dieta mediterranea è oggi riconosciuta come un corretto stile di vita, coniugato con un mangiare sano e un’adeguata attività fisica. Più che un semplice elenco di alimenti, rappresenta un vero e proprio stile alimentare ricco di cibi freschi e stagionali di cui sono ampiamente documentati e noti i benefici, tanto da essere oggi associata a un buono stato di salute.
Finora gran parte della ricerca sul tema si è concentrata sullo studio della maggiore o minore probabilità del verificarsi di alcuni eventi avversi per la salute, dalla mortalità generica alle malattie cardiovascolari, dalla probabilità di ammalarsi di tumori alle malattie neurodegenerative.
Partendo da queste evidenze scientifiche, il gruppo di ricerca del de Bellis – capogruppo Alberto Ruben Osella, primo autore Angelo Campanella – si è posto però un’altra domanda: accertato ormai che la dieta mediterranea ha effetti positivi sulla salute, ma di quanto allunga la vita? Così è nato il progetto di ricerca recentemente pubblicato.
“Il nostro lavoro – spiega il direttore scientifico dell’Irccs castellanese, Gianluigi Giannelli – ha coinvolto ben 5.152 partecipanti a due studi di popolazione condotti dal laboratorio di epidemiologia e biostatistica, formati da partecipanti di Castellana Grotte, coinvolti nel 1985, e poi di Putignano, a partire dal 2005. I dati sullo stato di salute e sulle abitudini alimentari sono stati raccolti dal 2005 a oggi.
Con la compilazione di un questionario alimentare è stato chiesto a tutti di rispondere a domande sulle frequenze di assunzione di ben 233 alimenti nell’ultimo anno, anche stimando le dimensioni delle loro porzioni in base a fotografie. Da questi dati è stato poi calcolato un punteggio per valutare l’aderenza di ogni partecipante alle caratteristiche della dieta mediterranea, studiando poi il punteggio in relazione allo stato di salute.
Attraverso un’analisi di sopravvivenza abbiamo osservato come i soggetti che non seguivano la dieta mediterranea o che la seguivano parzialmente vivevano rispettivamente circa 9 e 5 anni in meno rispetto al gruppo dei più aderenti, che hanno fatto di questo modello alimentare un vero e proprio stile di vita”.
Questo con ricadute anche sul piano clinico. “Il valore aggiunto dell’Irccs de Bellis – conclude il suo direttore generale, Tommaso Stallone – sta infatti nel far viaggiare sempre all’unisono ricerca ed assistenza, in favore della qualità dell’offerta erogata ai cittadini: in questo caso una Unità operativa semplice dedicata alla nutrizione clinica è disponibile per rispondere alle sempre più frequenti richieste in campo nutrizionale, anche per i pazienti obesi, che possono trovare presso il nostro Istituto un percorso completo per affrontare il problema con approccio olistico”.