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venerdì, 22 Novembre 2024
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Covid-19 – Una testimonianza di cuore

I numeri ogni giorno sono impietosi, le Regioni si colorano sempre più di rosso, gli ospedali, il comparto medico e sanitario e tutti gli operatori sono nuovamente vicini al collasso, ma c’è ancora chi se ne infischia di rispettare le regole in maniera egoistica.

Ed è in quest’ottica che ci giunge in redazione una testimonianza, un accorato appello a non sottovalutare questa “bestia invisibile”.

E’ la storia della sig.ra Dora e della sua famiglia, che tra una lacrima e l’altra, ci racconta una disavventura che potrebbe riguardare tutti e che ci sentiamo di condividere per sensibilizzare l’attenzione massima.

Questa è la storia di un’avventura della mia famiglia per certi versi andata a buon fine. Tutto ha inizio il 21 Ottobre quando mio marito Savino per tutta la notte ha febbre alta, sembra quasi che ha preso qualche colpo d’aria ed invece il giorno seguente anch’io ho la febbre. Che strana coincidenza! Troppi sintomi analoghi! La mia è una famiglia numerosa, per fortuna mi son detta le mie figlie I, G, M non escono di casa da giorni neanche per andare a scuola visto che c’è la DAD. Pensavo che al più presto quella febbre sarebbe scesa ed invece quello che stava iniziando era solo l’inizio di un lungo calvario. Io malgrado fossi affetta da giovane età da una malattia cronica, dopo qualche giorno di sintomi vari inizio a stare un tantino meglio, la situazione non è la stessa per mio marito che non soffre di alcuna patologia e che per ben 10 giorni ha la febbre che lo attanaglia malgrado l’intervento del medico curante che gli prescrive delle punture di antibiotico e segnala alla ASL un presunto caso COVID-19 e quindi tamponi per tutti 5. Aspettavo l’esito dei tamponi, dentro di me si faceva largo tanta ansia e preoccupazione. Nel giorno 30 Ottobre l’esito dei tamponi ci attestava la positività dell’intera famiglia al COVID-19 e l’isolamento assoluto. Non mi sembrava vero, il mio corpo sprigionava un calore che neanche io riuscivo a capire da dove venisse. Non ho mai cercato di pensare a chi ci avesse contagiato, mi interessava solo uscire fuori per il bene di tutti. Le mie figlie asintomatiche mi allegerivano le preoccupazioni che invece la salute di mio marito mi dava. Una prima richiesta di soccorso durante la notte al 118, riescono a domare una febbre di 39,8 che non scende malgrado l’antipiretico preso da circa tre ore e a mettere in sesto un tantino la situazione. Nei tre giorni a seguire per fortuna la febbre per Savino è terminata, ho pensato siamo nella convalescenza, ma non è andata così; Savino ha un forte dolore al torace sul lato sinistro e subito chiamo il medico curante che sfidando la sua “paura” per contagio viene a casa per visitarlo e si mobilita lui stesso a chiamare il 118 per una presunta polmonite. Noooo… non potevo crederci! All’ospedale Di Miccoli di Barletta gli diagnosticano una polmonite interstiziale da COVID, ma non possono curarlo nello stesso reparto, perché mio marito pare essere già negativo allo stesso. Che ne sarà di Savino? Mi sono chiesta. Torna a casa, affaticato, non respira bene, lo isolo per una notte dal resto della famiglia stando solo in una camera, ma la mattina seguente il saturimetro segna 80 e subito mi rendo conto che non potevo più tenerlo con me. Allerto mio cognato e lo invito a portare Savino al PS di Andria ed è lì che malgrado i tempi lunghi subito gli hanno fatto una TAC e inizia la terapia. La sua polmonite era grave, tra l’altro era bilaterale con un focolaio sul polmone sinistro; i dottori temevano una eventuale sovrapposizione infettiva, il suo quadro radiologico era fortemente sospetto allo stesso tempo non concomitante con gli esiti di altri tre tamponi negativi. La situazione sarebbe potuta scivolare dalle mani e quindi essere fatale. Ho pianto tanto per mio marito a tal punto da chiedere perdono alle mie figlie per le debolezze che mostravo davanti a loro. Ho avuto tantissima paura che il COVID-19 mi portasse via Savino, quel ragazzo ho conosciuto 30 anni fa, all’età di 15 anni e che ha fatto di me la mamma delle sue figlie. Ero disperata, ma grazie ai medici del PS del Bonomo che sono intervenuti tempestivamente e a quelli del reparto Medicina me lo hanno risollevato nonostante ancora oggi tornato a casa respiri ancora con l’ossigeno. In questi giorni passati nello sconforto, mi sono chiesta: perché tanto dolore e tanta sofferenza? Non possiamo chiudere gli occhi su questa realtà e non interessarcene se non quando ne siamo toccati direttamente; ciò che sta accadendo è parte della nostra vita e della nostra storia. Ho pensato tante volte che la vita è un dono meraviglioso e perciò ne vale la pena viverla nel miglior modo possibile. Per giorni migliori apriamo gli occhi, riguardiamoci tutti da questo virus per il bene dell’intera comunità, rispettiamo le regole perché il COVID esiste ed è aggressivo. Ringrazio tutti coloro che hanno aiutato Savino, il medico curante G I, i medici, gli infermieri, tutti gli operatori sanitari del Bonomo di Andria e coloro che ci sono stati vicini e ci hanno aiutato a vivere la quotidianità; i parenti e gli amici V e C che si sono resi utili per tutto senza mai lasciarci soli, facendo sì che potessimo uscire fuori da questa battaglia vittoriosi.
Grazie ancora
“.

Dora e famiglia.

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