Gli italiani sono chiamati a pronunciarsi votando sul referendum costituzionale relativo al taglio del numero dei parlamentari.
In cosa consiste il quesito proposto e quali conseguenze derivano dall’approvazione della modifica? Quali sono le ragioni che sostengono il sì e quali invece gli argomenti a favore del no? Che scenari si aprono all’esito di questa votazione?
A queste domande risponderanno il prof. Ugo VILLANI, Professore emerito di Diritto Internazionale nell’Università di Bari “A. Moro” e l’avv. Mariano CAPUANO, Penalista in servizio vigente.
Il 17 settembre alle ore 20 in Via A. Gentileschi, 32 a Barletta saranno gli ospiti di una Tavola Rotonda promossa e organizzata dall’Associazione “L’Albero della Vita” nella persona della Presidente Valentina Amorotti, a cui segue la collaborazione della giornalista Antonella Filannino e di un prete amico della Associazione e sensibile ai temi sociali, don Domenico Savio Pierro, studente di dogmatica.
Questo è quanto riportava l’annuncio dell’incontro tenutosi ieri sera a Barletta per cercare di sviscerare le ragioni del SI e le ragioni del NO al referendum costituzionale in vista dell’election day del 20 e 21 settembre che oltre alle elezioni regionali e amministrative (per alcune Regioni – tra le quali la Puglia – e alcuni Comuni) prevede per gli italiani il seguente quesito referendario: “Approvate il testo della legge costituzionale concernente “modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”? Come ben noto è sufficiente la maggioranza dei sì, a prescindere dal numero dei votanti affinché le modifiche siano emanate, nel caso in cui a prevalere siano i “no”, gli articoli 56, 57 e 59 resteranno immutati.
Ricordiamo che la riduzione del numero dei parlamentari, è un punto del programma politico scaturito dall’accordo tra Movimento 5 stelle e Lega all’indomani della nascita del governo Conte I nel maggio del 2018 (c.d. “Contratto per il governo del cambiamento”). È stato dunque poi delineato un disegno di legge costituzionale che prevede: la modifica dell’art. 56 della Costituzione italiana, con riduzione del numero dei deputati della Camera da 630 a 400, e della circoscrizione estero con riduzione dei deputati da 12 a 8. la modifica dell’art. 57 della Costituzione italiana, con riduzione del numero dei senatori da 315 a 200 e della circoscrizione estero da 6 a 3. Ogni regione italiana inoltre avrà un numero minimo di senatori, non più di 7 (come attualmente previsto) ma di 3.
La modifica dell’art. 59 della Costituzione, con riduzione a 5, del numero di senatori a vita (ossia di coloro “che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico o letterario”) che il Presidente della Repubblica può nominare.
Va evidenziato che l’entrata in vigore della riduzione del numero di parlamentari avverrà dopo lo scioglimento delle camere o al venir meno dell’attuale legislatura e comunque non prima di 60 giorni dalla entrata in vigore della legge. Pertanto la riforma non andrà ad incidere sull’attuale Parlamento, ma sulla formazione del prossimo.
Si tratta del quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana. La cosiddetta “riforma Fraccaro”, dal nome dal sottosegretario pentastellato alla presidenza del Consiglio, eliminerebbe (con la vittoria del “Si” al referendum) 345 poltrone in Parlamento.
Approvato in via definitiva dalla Camera l’8 ottobre 2019, il testo di legge (della riforma medesima) prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: come già ribadito da 630 a 400 seggi alla Camera dei deputati, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. Inizialmente previsto per il 29 marzo 2020, il referendum è stato rinviato al 20 e 21 settembre a causa della pandemia di COVID-19 in Italia.
Le ragioni del “Si” spiegate dall’avvocato Capuano:
“Abbattimento dei costi della struttura parlamentare, avremo circa 250 senatori in meno e un vantaggio sul bilancio statale che seppur per irrisorio (secondo alcuni) è pur sempre un inizio in termini di risparmio.
Maggiore efficienza: con meno parlamentari si riducono le tempistiche per l’approvazione delle leggi riducendo al contempo i dibattiti e gli interventi.
Miglioramento dell’assetto istituzionale, ovvero un parlamento non più schiavo dei gruppi parlamentari ma più libero, perché con meno deputati l’opinione pubblica potrebbe essere in grado di controllare anche l’operato del singolo deputato o senatore.”
Se vincesse il “Si” quali gli scenari?
“L’auspicio è che funzionino meglio le due camere legislative e dunque che l’iter per l’approvazione delle leggi sia più veloce e snello con camere più efficienti.”
Le ragioni del “No” spiegate dal professor Villani:
“L’economista ed ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli ha stimato, attraverso una sua oggettiva analisi, che il risparmio per ogni cittadino italiano sarebbe pari a 1,70 euro all’anno. Un risparmio esiguo per le casse pubbliche considerando che il parlamento è l’organo costituzionale più importante eletto direttamente da noi elettori ed è al centro della Costituzione.
In termini di efficienza: se si riduce il numero dei parlamentari il parlamento dovrebbe funzionare peggio, sarebbe come ridurre il numero dei medici in un ospedale, di certo si lavorerebbe peggio con meno medici e dunque anche con meno parlamentari in parlamento. L’efficienza deriva dalla qualità e non dal numero. Si tratta di una riduzione drastica pari al 36% che andrebbe a ridurre la rappresentatività del parlamento sia da un punto di vista politico, poiché on l’attuale legge elettorale si avrebbero parlamentari solo afferenti ai partiti di maggioranza mentre quelli di minoranza non avrebbero nessuna rappresentanza parlamentare, e sia da un punto di vista territoriale : Barletta ad esempio non potrebbe avere di certo tre senatori che in ogni caso rappresentano a livello centrale le istanze del nostro territorio.
Se vincesse il “No” quali gli scenari?
“I risvolti politici non mi interessano, ma voglio precisare che non bisogna confondere il Governo con la Costituzione in quanto il primo è della maggioranza (ovvero delle coalizioni politiche vincenti che riescono a comporlo) e la seconda è di tutti. Non si barattano i governi (come ha fatto il PD) con un’intesa di governo (il riferimento pare sia all’attuale esecutivo targato appunto PD-M5S), la Costituzione è qualcosa di più importante.”