di Antonio Leonetti
Sono passati ormai quattro anni da quando la cancelliera tedesca Angela Merkel dichiarò Wir Schaffen das (possiamo farcela) nell’ospitare un milione di profughi siriani, ai giorni attuali del corona virus in una tacita dichiarazione Wir Schaffen das nicht (non possiamo farcela).
La Turchia, in guerra con Assad per il controllo di Idlib la zona settentrionale della Siria, ed indirettamente con Putin, chiede all’Europa di alzare il valore di scambio dei migranti con un maggiore contributo monetario.
Questo ricatto si esprime nella spinta anche militaresca di migliaia di migranti verso il confine greco, creando anche attimi di guerriglia con il lancio di lacrimogeni da parte dell’esercito turco.
Mentre l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiara pandemia da corona virus, tanto la Grecia quanto l’Europa silenziano la vera pandemia dell’isola di Lesbo.
Diversamente dall’Italia in cui continuiamo a cercare il paziente zero, nel campo profughi di Lesbo il malato è una donna di quaranta anni, che lavora in un negozio di alimentari ed era tornata da un viaggio in Israele.
Il paziente zero è in terapia intensiva nell’ospedale di Mitilene.
Le condizioni igienico sanitarie nel campo profughi sul confine greco sono scarse e il virus troverebbe terreno fertile per la sua trasmissione.
Proprio in questi giorni ci sono stati vari incontri tra delegati della Comunità Europea e i delegati della Turchia per ridiscutere il deal firmato nel 2016 in cui l’UE si impegnava a pagare quasi 6 miliardi di euro affinché la Turchia trattenesse i migranti sul proprio territorio.
È evidente che la Turchia voglia più denaro, ricatto al quale speriamo l’Europa non si sottometta e che invece riconverta il finanziamento favorendo la Grecia nella gestione del proprio confine.
Ma la negoziazione è inasprita dal caso di corona virus riscontrato nel villaggio (hotspot) che ospita circa 13 mila profughi in attesa di documenti ed integrazione.
Sull’isola di Lesbo esistono circa cinque hotspot per un totale di 42 mila profughi, fonte Medici senza Frontiere che lancia un appello a tutti i paesi del mondo occidentale, all’OMS e alle maggiori organizzazioni affinché si riesca a trovare una rapida soluzione igienico sanitaria e che possa fermare un attacco invisibile devastante.
“Le condizioni del campo e gli ostacoli all’accesso al servizio sanitario nazionale fanno temere che qualsiasi epidemia possa diffondersi, dall’epatite alla meningite, fino al morbillo”, racconta Marco Sandrone, coordinatore di Medici senza Frontiere, “siamo preoccupati per la possibile diffusione del Covid-19”. (da internazionale.it)
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