‘’Il patrimonio architettonico presenta un valore educativo determinante.
Consente di documentare e confrontare il significato delle forme e costituisce una miniera di esempi della loro utilizzazione.
L’immagine e il contatto diretto hanno di nuovo importanza decisiva nella formazione dell’uomo.
Occorre, dunque, conservare le testimonianze di tutte le epoche e di tutte le esperienze.
Queste testimonianze possono sopravvivere soltanto se la necessità della loro tutela è compresa dalla maggior parte della popolazione e, in particolare, dalle giovani generazioni che se ne assumeranno la responsabilità nel futuro.’’ CARTA DI AMSTERDAM, 1975
La costruzione dell’identità dei luoghi è fatta di concretezza e di percezione. Preservare la memoria storica dei nostri centri urbani, lasciando che ciascun segno territoriale possa adattarsi allo scorrere del tempo, è una forma di “rispetto” e di “riconoscenza”.
Rispetto nei confronti dei posti in cui viviamo e delle nostre radici; riconoscenza nei confronti delle occasioni che la città di ieri offre a chi la popola oggi.
Ciascun frammento di tessuto urbano partecipa alla definizione dell’immagine che i cittadini di oggi consegneranno a chi li succederà.
Pertanto è necessario, da un lato, mantenere salda l’identità di ogni porzione di città e dall’altro, non stancarsi mai di metterne in discussione il ruolo di ogni sua singola parte.
È per tale ragione che la notizia relativa all’abbattimento dei Silos – onde consentire la costruzione dello scalo per le mini crociere – di cui se n’è discusso anche ieri in consiglio comunale – ci ha lasciati perplessi e ci ha spinti ad indagare sulle possibili alternative future che questo grande “monumento industriale”, affacciato sul mare, potrebbe avere.
Costruiti nel 1973 per lo stoccaggio di grani e cereali, con i loro 43 metri di altezza, i silos granari dominano il porto di Barletta e contribuiscono alla costruzione dell’immagine della nostra città dal mare.
Essi, nati dalla collaborazione tra Italsilos e l’autorità portuale, con una capacità complessiva di circa 25mila tonnellate, sono testimonianza del florido passato economico di Barletta e, al pari della Cartier Mediterranea o della ex Distilleria, rappresentano un’importante memoria storica cittadina che si sta pian piano sgretolando.
Infatti, dopo essere stati tra i principali fautori dello sviluppo della nostra comunità negli anni del boom economico, questi grandi complessi industriali e produttivi si sono trasformati, con il repentino esaurirsi del ciclo storico legato all’industrializzazione del Mezzogiorno, in un grande problema urbanistico, fino ad essere oggi diventati degli spazi privi di funzione, inaccessibili e inutilizzabili.
Eppure, questi grandi complessi dismessi sono i frammenti di una memoria collettiva più o meno recente e già quasi dimenticata; sono i resti materiali di un’attività produttiva che per anni ha dato da vivere a molte famiglie barlettane, e a nostro avviso avremmo il dovere di prendercene cura, considerandoli patrimonio collettivo della città di Barletta ed elevandoli allo status di “archeologia industriale”.
Non una minaccia, dunque, ma una grande opportunità e un possibile valore aggiunto per i suoi futuri sviluppi urbanistici.
Assumendo questa postura, questi spazi della dismissione industriale cambierebbero di segno e dall’essere intesi come fenomeni negativi tornerebbero a mostrare gradevoli sorprese.
Pertanto, seppur caduti in disuso nel 2018, i silos granari oggi rappresentano uno dei landmarks territoriali più imponenti di Barletta.
La loro presenza rende la nostra costa chiaramente individuabile, rispetto alle vicine città, accogliendo chi viene dal mare.
Il loro abbattimento, lasciando un vuoto di oltre 2000 metri quadrati, avrà sicuramente delle ricadute sui caratteri del pezzo di costa su cui attualmente si ergono, provocando un indebolimento del sostrato culturale ed iconico attualmente in nostro possesso.
Tra l’altro, l’appartenenza di queste grandi costruzioni alla zona portuale della città, non significa necessariamente che si tratti di esempi meno rilevanti dal punto di vista storico o architettonico.
Anzi, la loro demolizione andrà ad alterare la costa, annullando i rapporti visivi e percettivi tra le parti, proprio come accadrebbe con l’abbattimento di un palazzo storico all’interno del tessuto urbano consolidato e sottolineando ancor di più la cesura tra la nostra città e il mare.
Numerosi sono gli esempi di interventi urbani che hanno focalizzato la propria attenzione su questa tipologia di architetture.
In molti porti i silos sono diventati simbolo dell’evoluzione e del cambiamento, non solo urbano, ma anche economico.
Basti pensare a Catania, dove i silos granari di Sicilia di proprietà di Casillo S.p.A., nel 2015, grazie al progetto “Street Art Silos”, nato da una proficua collaborazione tra l’autorità portuale, le amministrazioni e i cittadini, sono stati oggetto di un interessante progetto di rigenerazione urbana, divenendo la “tela” su cui otto artisti internazionali hanno potuto dipingere le proprie opere di street art, reinterpretando in chiave contemporanea miti e leggende siciliane.
O come non citare il Macro Museum, in Argentina, nato dalla trasformazione del silos Davis nella più importante galleria di arte contemporanea del paese.
È la condivisione di idee e visioni ad essere il filo conduttore di tutti questi interventi.
Traccia di un simile approccio permane nella delibera n. 163 del 02/08/2017, con la quale le città di Bari e Barletta hanno siglato un accordo triennale con l’Accademia delle Belle Arti di Bari e la società Silos Granari di Sicilia s.r.l., mirato a mettere in atto azioni in grado di riqualificare i silos dei due porti attraverso l’arte, andando a reinterpretare questi grandi esempi di architettura industriale in chiave contemporanea.
Accordo, questo, che, mentre nel vicino capoluogo ha dato i suoi frutti sfociando in istallazioni luminose che accolgono tutt’oggi chi arriva in città dal mare, a Barletta, invece, senza alcun dibattito pubblico, non ha avuto alcun seguito.
Dunque, consapevoli di non poter confutare in maniera aprioristica la decisione di abbattere i silos, la domanda che noi, in quanto giovani professionisti attivi sul territorio, ci poniamo è relativa alla possibilità di aprire dibattiti in merito a questi temi, consentendo a tecnici e cittadini di prendere parte in maniera attiva alla crescita della nostra città.
Di conseguenza oggi le città, per reagire al meglio alle sfide odierne, non possono più puntare alla definizione di progetti iconici, ma devono mirare ad attuare una vera e propria “metamorfosi strutturale”, in grado di dare nuova spinta alla grande macchina urbana e andando a definire nuovi stimoli culturali ed economici in grado di rimetterla in moto.
Favorire la crescita sostenibile, rafforzare le radici culturali e sociali, accogliere le sfide che l’ambiente fisico propone, rispondendo con nuove idee condivise e discusse: questo il processo di cui vorremmo far parte. Questa la “città creativa” in cui crediamo.
Marco Bruno (guida turistica_classe 88), Massimiliano Cafagna (architetto_classe 88), Anna Maria Camapese (architetto_classe 89), Alessandro Cascella (guida turistica_classe 91), Giada Centaro (dott. arch_classe 91), Giuseppe Cesario (ingegnere civile-ambientale_classe 91), Domenico Comitangelo (geometra_classe 86), Francesco Delrosso (graphic designer_classe 88), Enrica Davanzante (laurea in beni culturali_classe 92), Lucia Dimonte (architetto_classe 91), Claudia Dipaola (laurea specialistica in storia dell’arte_classe 94), Simona Falcetta (laurea specialistica in storia dell’arte_classe 92), Giulia Maria Lombardi (laurea specialistica in Arti Visive_classe 94), Antonio Lionetti (graphic designer_classe 88), Davide Napolitano (ingegnere civile_classe 88), Antonio Paolillo (architetto_classe 88), Michle Porcelluzzi (laurea in architettura_classe 94), Michele Porceluzzi (laurea specialistica in storia dell’arte_classe 85), Saverio Rociola (graphic designer_classe 88), Maria Alessandra Rutigliano (architetto_classe 91), Ilaria Russo (laureanda in arch._classe 91), Ornella Spadaro (architetto_classe 92), Laboratorio di Immaginazione Urbana, Arci Cafiero, Collettivo Exit.
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