“Il deserto del cuore” di Mary Westmacott (Agatha Christie)
Leggo, dunque sono
“Il deserto del cuore” di Mary Westmacott (nom de plume della giallista Agatha Christie) è erroneamente catalogato come romanzo rosa. L’opera narrativa vide la luce nel 1944 e la Christie ci dona una perfetta analisi psicologica di una particolare mente femminile dell’epoca.
La protagonista del libro è Joan Scudamore, donna “perfetta”, moglie “perfetta” di Rodney, noto avvocato di provincia e madre “perfetta” di tre figli: Averil, gelida e sarcastica come pochi, trasferitasi a Londra con il marito; Tom, che i suoi sogni ha seguito sino in Rhodesia, accasandosi poi lì e, infine, Barbara, la più piccola e, apparentemente, la più fragile, che vive col marito a Baghdad.
Sarà proprio dopo un soggiorno presso quest’ultima, ancora debole per un’intossicazione, che la nostra Joan rimarrà bloccata nel deserto, a causa del maltempo, in attesa di un treno in eterno ritardo. In compagnia del solo personale della rest house in cui alloggia, con quasi nulla da leggere e poca carta con cui scrivere, la donna sarà costretta a passeggiare e vagare in quella distesa di sabbia e, cosa più importante, sarà obbligata a pensare, pensare e pensare.
Mille saranno i pensieri che affolleranno la sua testa. Se, però, inizialmente le sue certezze fanno sempre rima con perfezione e decoro, a lungo andare tutto ciò che la circonda si rivelerà fasullo e illusorio. Un castello di carte che ad ogni svisceramento di un ricordo, ad ogni rivelazione, perderà uno dei suoi pezzi sino alla sua completa distruzione.
Un vero e proprio flusso di coscienza che, in molti, tendono a ritenere autobiografico. Noto è che l’autrice, alla notizia della richiesta del divorzio del primo marito, si sia rifugiata in un albergo per dieci giorni, facendo credere al mondo intero di essere svanita nel nulla. Anche se non ci è dato sapere se Joan sia la reincarnazione letteraria della Christie in quei giorni, la scrittrice, parlando de “Il deserto del cuore”, lo descrive come “Il libro che avevo sempre voluto scrivere, l’unico di cui io sia pienamente soddisfatta”.
In questo romanzo introspettivo e meraviglioso, vi è un tipo di investigazione diversa da quelle a cui la giallista ci ha abituati. Non una ricerca del colpevole, nessun maggiordomo con le mani sporche di sangue, piuttosto una ricerca dei sentimenti, una consapevolezza tutta nuova di se stessi o, forse, il colpevole è il cuore, che annebbiando la ragione, annebbia anche il riconoscimento del desiderio altrui.