“Stavamo meglio quando stavamo peggio”. E’un adagio che non ci permette di guardare quanto progresso è stato fatto.
Questo lo dobbiamo a quanti hanno vissuto e combattuto. Oggi sembra tutto così offuscato dal desiderio di dimenticare. Siamo un paese che vive un eterno presente, il passato è meglio lasciarlo da parte, il futuro è una incognita”.
Lo ha detto il capo della Polizia, Franco Gabrielli nel suo intervento in memoria di Alfredo Albanese, il commissario tranese ucciso a Mestre dalle Brigate Rosse perchè, dalle dichiarazioni della vedova, Teresa Friggione, Albanese era a conoscenza di un nome scomodo per quei tempi. Gli anni ’80, del resto, erano impregnati di terrorismo, eppure Albanese non aveva la scorta, “perchè chi porta una divisa sa che il proprio dovere non è essere difeso, ma difendere”.
“A quasi quarant’anni da quella data, ha proseguito Gabrielli, si continua a ricordare l’esempio e il sacrificio di Alfredo Albanese. Lo dobbiamo alla moglie e al figlio. Ricordiamo che la signora Albanese era incinta al settimo mese di gravidanza e Alfredo Albanese junior non ha mai conosciuto suo padre. E allora mi domando: qual è il delitto più grande? Privare una vita sicuramente, ma anche privare un figlio del calore e dell’affetto di un genitore.. Credo che anche questo dia una cifra e un significato a quel sacrificio. Ma la cifra e il significato di quel sacrificio, dal mio punto di vista, è l’insegnamento che dobbiamo dare”.
In sala c’erano anche la vedova, Teresa Friggione e il figlio Alfredo Albanese.
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