Sequestro stile “cold case”. Dopo quasi 40 anni, i Carabinieri sequestrano 50 milioni di euro al responsabile di un rapimento a scopo di estorsione, avvenuto negli anni ‘80. Messi i sigilli anche ad una nota sala ricevimenti. Al fisco dichiarava solo 15 mila euro all’anno.
Era stato condannato a 6 anni e 4 mesi di reclusione per il sequestro dell’imprenditore Pietro FENOTTI di Brescia, proprietario di un’acciaieria, avvenuto nel marzo del lontano 1984. Per la sua liberazione, era stato richiesto un riscatto di 10 miliardi di lire.
A distanza di ben 33 anni, i Carabinieri hanno messo i sigilli, ad Andria e zone limitrofe, a beni per circa 50 milioni di euro, tutti intestati a Giuseppe STALLONE, 78enne del luogo ed ai suoi familiari.
La complessa indagine patrimoniale è scaturita da una caparbia attività info – investigativa condotta dai militari del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Bari, i quali, partendo dalla storia criminale dell’andriese, ne hanno ripercorso, passo dopo passo, la “brillante” carriera imprenditoriale. Il risultato di questo lavoro certosino è stato come entrare, dopo un enorme labirinto, all’interno di un caveau: un vero e proprio impero economico costruito nel tempo, un ingiustificato patrimonio costituito prevalentemente da beni immobili, tra cui spicca una nota sala ricevimenti di Andria, sulla cui estesa superficie, di quasi un ettaro, fa bella mostra una piscina olimpionica.
Lo STALLONE, già Sorvegliato Speciale di P.S., rappresentò, appunto, la figura apicale di un gruppo criminale armato, dedito negli anni ’80, secondo l’accusa, a sequestri di persona a scopo di estorsione, organizzati in varie località d’Italia. Oltre alla citata condanna, risultò coinvolto in altri tre rapimenti compiuti, tra il 1977 e il 1982, tra Roma, Bari e Lecce, per uno dei quali fu pagato un riscatto di ben 5 miliardi di lire, mentre per un altro furono richiesti “solo” due miliardi del vecchio conio, rapimenti rispetto ai quali fu assolto con la formula “per insufficienza di prove”.
La complessa attività storico-investigativa effettuata ha tracciato le modalità attraverso le quali lo STALLONE, pur essendo stato coinvolto in attività delittuose negli anni ‘80, abbia successivamente provveduto a “ripulire”, anche per il tramite dei suoi stretti congiunti, i guadagni illeciti derivanti dai suoi traffici, reinvestendoli prevalentemente nella realizzazione della lussuosa sala ricevimenti e nell’omonima società che ne gestisce la ristorazione e l’organizzazione di eventi pubblici e privati.
Le risultanze investigative, che hanno acclarato la pericolosità sociale ed il tenore di vita, ampiamente sproporzionato rispetto alle reali possibilità economiche del proposto, hanno permesso alla Sezione per le Misure di Prevenzione del Tribunale di Trani (BT) di emettere un decreto ai sensi del Codice Antimafia, col quale sono stati sottoposti complessivamente a sequestro 2 società di capitale, 2 imprese individuali, 18 appartamenti, 5 locali commerciali, 8 garages, 53 terreni dell’estensione complessiva di dieci ettari, 2 autovetture ed infine la somma di 327 mila euro, in parte investita in titoli e polizze assicurative, tutto giacente presso 4 istituti di credito.
Lo stile di vita di STALLONE Giuseppe, ricostruito dagli investigatori per circa quaranta anni è stato così ritenuto ingiustificato, a fronte dei circa 15 mila euro annui, di media, dichiarati al fisco. Il predetto risulta aver investito infatti somme di denaro (oltre 3 milioni di euro), attraverso le quali le società di capitali si sono autofinanziate ed hanno realizzato i complessi aziendali e soprattutto immobiliari senza ricorrere all’erogazione di mutui e/o finanziamenti da parte di istituti di credito.
L’odierna operazione rappresenta la chiara dimostrazione che, attraverso lo strumento delle misure preventive patrimoniali, non vi è dubbio che, presto o tardi, la Giustizia riesce efficacemente a contrastare il fenomeno dell’accumulo di patrimoni illeciti frutto di attività delittuose.
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