“Il nostro è un sistema scolastico desueto e da rottamare” urlano, o urlavano i più all’alba dell’era della globalizzazione, e il solo vedere parte di quei più far riferimento, novantatrè anni dopo, alla Riforma Gentile, “la più fascista delle riforme” (riprendendo le dichiarazioni di Mussolini), come la migliore mai varata mi fa sorridere. Mi fa sorridere che tra questi “più” ci siano molti sessantottini convinti, molte persone che animate, sine dubio, da un’ansia ideale hanno criticato aspramente la riforma “fascista”,e da lì, come per la punta di un iceberg, tutto un sistema considerato arcaico. Rido di gusto ogni volta che penso a queste cose. Tuttavia, tornando al presente, non posso, a nome della MIA generazione subire supinamente una riforma che si occupa della pubblica istruzione: la prima tessera del puzzle della gioventù. Frequento il liceo classico, e non posso svincolare la scuola dall’idea ellenica di “ginnasio”, la palestra della mente, l’istituzione alla base della consapevole crescita dell’uomo come cittadino all’interno del macrocosmo costituito dalla vita sociale. (Siamo o no “animali sociali”?!)
Ebbene, non posso accettare una scuola che guarda alla tecnologizzazione senza fare i conti con il capitale umano e strutturale in suo possesso, non posso accettare l’annullamento dell’istituzione scolastica in favore dell’ossessione nei confronti dell’utile.
Ritengo piuttosto che le competenze siano, concettualmente, un qualcosa con cui ci si è sempre misurati (lo dice Darwin, non certo io), piuttosto è da condannare il fanatismo con cui questo concetto ci viene propugnato. Mi sento un indigeno americano evangelizzato da un domenicano.
Capitolo alternanza scuola-lavoro…Nota dolente, e fosse l’unica! Ma siamo sicuri che questa scuola sia proprio “buona”? Siamo sicuri che assolva quella funzione ginnasiale primaria di cui sopra? Siamo sicuri che gli studenti siano menti pensanti e non frutto di una manipolazione impressa dall’esterno?
Quanto vorrei che “Il mondo nuovo” fosse solo un libro.
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