di Antonio Leonetti
In questo periodo così intenso anche la Chiesa e la Caritas diocesana di Andria hanno intensificato le attività di volontariato, di ascolto e di aiuto verso famiglie e anziani che necessitano di un pasto caldo, di prodotti di prima necessità e di compagnia: e le richieste di aiuto sono in aumento.
Ringrazio Don Domenico Francavilla per la sua gentilezza e disponibilità e per averci aiutato ancora una volta a comprendere meglio le esigenze di carità del nostro territorio.
Spesso siamo ciechi di fronte alle necessità altrui perché concentrati su noi stessi; con queste parole e con il calore umano della Caritas Diocesana Di Andria facciamo un passo verso chi è meno fortunato.
Buona lettura.
Don Domenico Francavilla direttore della Caritas diocesana di Andria, già parroco e vicino alle famiglie della parrocchia di S. Andrea. Ti chiediamo rapidamente in cosa consiste la missione da parroco o sacerdote impegnato in una parrocchia?
Il parroco, e i suoi collaboratori sacerdoti, hanno il compito di guidare, a nome del vescovo della Diocesi, una porzione del popolo di Dio. Insieme al compito di guida spirituale, essi stessi sono chiamati a crescere nella fede con l’intera comunità e a fare esperienza di famiglia, Corpo di Cristo. Un compito complesso già prima dell’emergenza coronavirus, data la difficile condizione sociale e culturale in cui molte famiglie versano, ma non per questo priva di momenti felici, occasioni di crescita, esperienza formative, testimonianza di vita e di carità. Senza considerare le problematiche delle diverse fasce di età con cui si relaziona, dai più piccoli ai più grandi, e soprattutto il carico delle sofferenze che il cuore dell’uomo porta con sé insieme alle gioie e alle speranze che ogni persona vive e condivide.
Quali sono le attività messe in atto in questo periodo dalla Caritas di Andria?
La Caritas diocesana di Andria non ha inventato o creato nuove attività. Semplicemente le ha ampliate, le ha implementate: gli orari di apertura della sede, il coordinamento dei Centri di Ascolto parrocchiali e interparrocchiali, il rifornimento di generi alimentari e detersivi, la fornitura di medicinali e consulenza sanitaria, il Pronto Intervento Sociale (rete dei Servizi sociali), l’ascolto e l’orientamento. La comparsa di nuovi bisogni ha portato a rispondere con nuovi servizi come la consegna a domicilio di pasti caldi per gli anziani in condizioni economiche disagiate e la spesa per persone sole. In più abbiamo attivato una linea telefonica per i beni non materiali, l’orientamento sanitario, la presa in carico di situazioni limite per persone e famiglie che fino a pochi giorni fa non immaginavano di aver bisogno di aiuto. In secondo piano, ma non meno importanti, tutti gli altri servizi: dalla formazione (e ri-motivazione) dei volontari, al sostegno alle piccole imprese beneficiarie del microcredito del Progetto Barnaba e alle famiglie del Fondo Fiducia e Solidarietà.
Lo Statuto della Caritas assegna all’organismo pastorale il compito di servire tre destinatari cui possono essere rispettivamente riferiti tre principali ambiti di azione: la chiesa – la promozione caritas; i poveri – la promozione umana; il mondo – la promozione mondialità. Come possiamo contestualizzarli in questi momenti?
Comunemente si fa un po’ di confusione sulla Caritas. Ad esempio, si confonde un servizio caritativo o un gruppo caritativo con la Caritas. La Caritas è l’organismo pastorale del vescovo e della Chiesa locale per la testimonianza della carità. Di conseguenza, destinatario primo dell’azione pastorale della Caritas è la Chiesa stessa, le nostre parrocchie, i fedeli che le frequentano, i singoli battezzati. A questi destinatari si rivolge con la formazione perché in ciascuno possa nascere il desiderio e la responsabilità di farsi prossimo del fratello in difficoltà. Quindi la Caritas non si sostituisce nel servizio ad ogni singola persona e comunità, ma educa il cuore ad amare. Gesù però ha detto che “i poveri li avete sempre con voi” per questo anche i poveri sono destinatari dell’azione pastorale della Caritas. Nei loro confronti si esercita la “fantasia della carità” con la creazione e realizzazione di servizi specifici. Ma anche in questo caso bisogna fare attenzione (e diventa un monito per tutti) che non si dia per carità ciò che deve essere dato per giustizia! Infine, citavi, il mondo. In realtà, con il linguaggio Caritas indichiamo meglio territorio/mondo perché il mondo inizia già nella propria via, nel proprio quartiere. Sia per la semplice presenza di tanti beni che provengono da altre parti del nostro pianeta, sia per la presenza di uomini e donne di altre nazioni e continenti. Il mondo è stretto da un grande abbraccio che non possiamo ignorare e non possiamo permetterci di fare le differenze. Mondo, però non è solo l’estensione geografica della terra, mondo è anche lo stile della nostra vita, le scelte quotidiane che facciamo per la cura e la custodia del creato. Mondo sono le connessioni che si creano con gli altri attraverso l’economia, la finanza. Mondo è il carico di giustizia verso gli oppressi. Mondo è poter dire mi interessi, mi fido di te, ti accolgo perché tu mi accogli, perché siamo parte della stessa storia, dello stesso tempo, sotto lo stesso cielo e sulla stessa terra. Mondo non è dire: siamo superiori a… ma apprezzare le differenze e raccoglierle nella convivialità (“convivialità delle differenze”, ripeteva il nostro don Tonino Bello, “globalizzazione della solidarietà” desidera papa Francesco).
Oggi, stranamente, c’è qualcosa che ci fa essere al tempo stesso persone che devono amare – persone che devono essere amate – un medesimo luogo per esercitare la carità. Il coronavirus ci fa essere non tanto sulle barricate ma ci fa scoprire che tutto il mondo è insidiato dal virus e ciascuno di noi può essere soccorso o soccorritore. Questa esperienza ci fa prendere coscienza della nostra fragilità, delle nostre interrelazioni o come dice papa Francesco “Tutto è connesso”, ma anche di un grande amore che ci porta a donare la vita per gli altri (come sono vere le parole di Gesù nel momento in cui si preparava alla sua morte!).
Come si amalgama la Caritas di Andria con il territorio? Quali attività avete dovuto adattare agli obblighi di distanziamento sociale?
Prima ancora che fosse dichiarato il lockdown anche per la nostra Italia avevo allertato le parrocchie, le Caritas parrocchiali, i Centri di Ascolto e i volontari su alcune norme da tenere presente. L’esperienza del terremoto dell’Aquila e di Amatrice, per quanto diverse dalla situazione attuale, suggerivano di attivarsi con tempestività. Nel momento in cui abbiamo dovuto tradurre le norme indicateci dal Primo Ministro abbiamo indicato per l’ascolto l’uso del telefono; per la distribuzione dei viveri la presenza di non più di due operatori per volta e di contattare preventivamente le persone assistite per l’assegnazione di un orario per il ritiro o la consegna a domicilio per evitare che la gente uscisse di casa. Questo ha comportato un aumento di ore di apertura dei nostri Centri, la selezione tra i volontari (età, stato di salute) e una richiesta di una maggiore presenza di giovani.
Potresti raccontarci di un episodio lieto che possa essere per noi un insegnamento?
Un episodio lieto non so. Posso dire che accanto a tanta sofferenza e privazione, ho provato la gioia delle risposte che tanti uomini e donne stanno dando nel mettersi a disposizione degli altri. La generosità che si sta facendo strada nel nascondimento e nel silenzio di una prossimità che sa prendersi cura. Non solo stiamo imparando a gustare il tempo trascorso in casa e in famiglia, ma anche a “sentire” che accanto alla propria casa c’è una famiglia che oggi ha bisogno di un aiuto. Questa emergenza, però, ci sta insegnando anche che non ci si può improvvisare volontari, che c’è uno stile nell’accogliere e nel sostenere le persone, nell’avere una visione profetica in vista della ripresa di cui non sappiamo i tempi. Bisogna essere pronti.
Don Domenico Francavilla qual è un passo del vangelo che può aiutarci in questo periodo?
Potrebbero essere tanti. Quest’anno il più citato è il brano del Buon Samaritano (icona del programma pastorale della nostra Diocesi). Molto più semplicemente mi piacerebbe citare gli Atti degli Apostoli: “Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno” (2, 44 – 45). Credo che non necessiti di un commento. Farei solo una variazione di soggetto: non solo i credenti in Cristo, ma tutti coloro che credono nella vita dovrebbero comportarsi alla stessa maniera.
Grazie.
#noirimaniamoacasa
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