Due città diverse e distanti ma accomunate dallo stesso destino.
Victor Hugo l’aveva profetizzato. Nel suo capolavoro “Notre-Dame de Paris”, scritto nel 1831, lo scrittore francese preannunciava la catastrofe che avrebbe colpito la Cattedrale di Parigi, simbolo della cristianità europea, quasi due secoli prima dell’incendio dello scorso 15 aprile: “C’era una grande fiamma che saliva fra i due campanili con turbini di scintille, una grande fiamma disordinata e furiosa, di cui il vento ogni tanto si portava via un lembo nel fumo”.
Suggestione a parte, ciò che è accaduto qualche giorno fa nella capitale francese è davvero sconvolgente.
Le immagini in tempo reale diffuse dai tg e dai giornali di tutto il mondo, che ritraevano il monumento storico più visitato d’Europa e custode di centinaia di opere d’arte come l’Altare della Pietà, i rosoni, i bassorilievi del coro e gli oggetti del tesoro andare a fuoco, hanno lasciato tutti con il fiato sospeso per ore nel timore di aver perso per sempre uno tra gli edifici più significativi a livello globale dell’architettura gotica e della storia del cristianesimo.
Una storia così lontana dal nostro territorio ma allo stesso tempo così vicina. Andando a ritroso nel tempo e risfogliando i vecchi libri di storia della nostra città, scopriremmo che anche nella città di Andria, più di un secolo fa, avvenne un episodio simile.
Ebbene sì. Nella notte tra il 17 e il 18 aprile del 1916, un violento incendio divampò nel presbiterio e nel coro della cattedrale di Andria.
Ce ne dà notizia Giuseppe Ceci, profondo studioso delle arti figurative dell’Italia Meridionale a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento e ispettore onorario dell’epoca, descrivendo minuziosamente il resoconto di quel tragico evento. La sua relazione, inviata alla “Rassegna Tecnica Pugliese”, fu redatta il 20 aprile 1916, appena tre giorni dopo tale incendio:
“Appiccatosi il fuoco ai panneggi dell’apparato per l’esposizione del Santissimo sull’altar maggiore, l’incendio si propagò al soffitto e alla tettoia, ma per l’opera delle autorità e di cittadini volenterosi, favorita dal vento di ponente che respingeva le fiamme verso il coro, queste si arrestarono al grande arco che divide il presbiterio dalla nave trasversa.
La cattedrale di Andria fu costruita nella seconda metà del secolo XI, quando per l’importanza a cui si elevava questo luogo, diventato allora centro di un vasto feudo, si ordinava anche qui una nuova sede vescovile.
Mentre il villaggio si ampliava e fortificava nella cinta delle mura e si avviava a diventare una Città, accanto al castello feudale e sull’antica chiesetta parrocchiale del secolo VIII, rimasta come succorpo, si sovrapponeva con pianta più vasta la nuova cattedrale”.
L’incendio del 1916 distrusse gran parte delle opere contenute all’interno della chiesa: il soffitto del presbiterio, i tre quadri su tela del coro (uno sotto la volta e due alle pareti laterali), il coro con i libri corali, il trono e il coretto episcopale.
Altre opere furono soltanto danneggiate: l’Altar maggiore, la mensola all’angolo orientale del presbiterio, la balaustra, i pilastri esterni della cappella di S. Riccardo e i quadri della cappella del Santo Patrono.
Il rogo, distruggendo il soffitto, creò successivamente il problema dell’entrata dell’acqua in caso di pioggia torrenziale, con serio rischio di allagamento della cripta, dell’intero presbiterio e delle navate adiacenti. Perciò fu proprio Ceci ad “invocare solleciti provvedimenti che assicurino la conservazione dell’edificio”, tra cui il “divieto di apparare con drappi le chiese quando esse siano coverte da soffitti in legno o da tettoie a capriate apparenti”.
Un evento che, nel suo piccolo, ci riporta alla triste realtà parigina e ci accomuna ai nostri “cugini” francesi.
L’intero documento storico è estratto dal sito andriarte.it e consultabile cliccando sul seguente link.
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