Sono molteplici le modifiche legislative in materia familiare, una delle più importanti riguarda proprio i parametri relativi all’attribuzione e alla determinazione dell’assegno divorzile, alla luce delle condizioni economico patrimoniali dei coniugi e in relazione alla durata del matrimonio.
L’esame della questione è stata rimessa al vaglio della Suprema Corte di Cassazione, la quale, a seguito delle varie modifiche temporali e legislative, in una recente sentenza, n°. 18287 dell’11.7.2018, ha ribadito la natura strettamente assistenziale dell’assegno di divorzio affiancando due ulteriori criteri ossia quello perequativo e quello compensativo.
L’applicazione di tali principi risponde al rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza e solidarietà che non devono venir meno nel momento in cui si scioglie un matrimonio, in riferimento alle unioni di lunga durata, come spesso accade, dove un coniuge fa delle rinunce, anche di carattere professionale per consentire all’altro una migliore carriera ed un maggior sviluppo in ambito economico e lavorativo.
La nuova normativa intende compensare il sacrificio del coniuge debole, valutare quelle situazioni di squilibrio economico che sono la conseguenza diretta proprio delle scelte di vita compiute durante il matrimonio.
Con al sentenza n. 18287 si è arrivati ad elaborare un criterio composito in base al quale i giudici chiamati a decidere sull’assegno divorzile dovranno tener conto di una serie di fattori, da valutare caso per caso, in modo tale da comprendere i reali motivi della asserita debolezza del coniuge richiedente e della eventuale mancanza di autosufficienza economica.
Laddove esista realmente una situazione di squilibrio tra gli ex coniugi, il Tribunale dovrà prima accertare le condizioni del mercato del lavoro al fine i valutare se le scelte della famiglia e del coniuge più debole hanno comportato una perdita di chance per quest’ultimo, tenuto conto del livello culturale e del contesto sociale del richiedente l’assegno e in genere della famiglia.
Quindi si passerà all’esame delle condizioni personali, sociali e di età dei fondatori del nucleo familiare, ed al loro reddito, senza dimenticare la durata del matrimonio, che, davvero, “giustifica”, ad avviso di molti, la corresponsione di un assegno di divorzio.
Il criterio composito e perequativo così come individuato dalla Corte, fondato sulla concretezza e molteplicità dei modelli familiari attuali consente, pertanto, di valorizzare finalmente i sacrifici del coniuge debole, tenendo anche ovviamente conto degli anni di durata del matrimonio. Naturalmente tali principi devono valere anche per le unioni civili.
Con questa sentenza, le Sezioni Unite hanno voluto ridare dignità a ciascun coniuge, anche sotto l’aspetto tecnico, gli avvocati avranno molte più udienze, anche molto più impegnative, per la necessità di accertare, con una più diligente istruttoria, sia lo squilibrio patrimoniale sia il contributo prestato dal coniuge richiedente l’assegno, con la possibilità di avere sentenze più eque e più dignitose per entrambi i coniugi.
Dott.ssa Adriana Scamarcio
Send this to a friend