“Anche quest’anno, il giorno 1 settembre 2018, ricorderemo Carlo Cafiero, nel giorno della sua nascita, con un’iniziativa pubblica in cui parleremo della sua vita e del suo contributo alla rivoluzione ed alla costruzione di una società egualitaria. – commenta in una nota, Emma Cafiero del Collettivo Exit
Alle 19:30 saremo presenti sotto la lapide (in
Corso Vittorio Emanuele, 111) dedicata all’anarchico barlettano per una breve cerimonia e per deporre una corona commemorativa.
A partire dalle 21:00, presso il Cappero, ricorderemo Carlo Cafiero con Bruno Tomasiello, autore del libro “La banda del Matese”, che presenterà il documentario “San Lupo e la rivoluzione che non fu”, della regista Fabiana Antonioli.
Riteniamo che parlare di una figura chiave come quella di Carlo Cafiero abbia certamente una valenza storica all’interno della memoria collettiva della nostra città ma ancor di più crediamo che il suo contributo ideologico e sociale sia fortemente attuale.
Stiamo vivendo un’epoca in cui vecchi e nuovi fascismi cavalcano l’ondata di disperazione e malcontento, generata da una crisi economica globale senza precedenti, con lo strumento dello sciacallaggio mediatico e delle guerre tra poveri innescate a regola d’arte.
In questo grigiore, con la complicità istituzionale, il nemico è stato individuato nei più poveri e in tutti colori messi ai margini della società. Concetti come il “prima gli italiani” dominano il dibattito pubblico anche tra coloro che si ostinano a definirsi centristi o moderati. A tutto questo odio e rabbia contrapponiamo quello che è stato il messaggio di Carlo Cafiero secondo cui una società realmente egualitaria, e quindi lontana dalla farsa della democrazia, dovrebbe muoversi seguendo la linea guida del “prima gli ultimi”.
Inoltre, in un contesto internazionale dove le logiche nazionaliste svelano tutta la pericolosità dell’obsoleto concetto di stato nazione, esperimenti sociali come quelli derivanti dal municipalismo libertario vivono nella pratica e nella lotta quotidiana dei popoli in Rojava come anche nelle comunità zapatiste del Chiapas.
In ultimo crediamo anche che la devozione ad un progetto di felicità collettiva, di cui la vita di Carlo Cafiero è un chiaro esempio, metta ancor più in evidenza l’incapacità e l’inutilità di una classe politica cittadina troppo impegnata in tristi teatrini, giochetti di potere e cambi di casacca mentre un’intera comunità muore lentamente.
La stessa classe politica che puntualmente dimentica di onorare la memoria di un concittadino come Carlo Cafiero.
A Lui dobbiamo tanto come libertari o come semplici esseri umani che non vogliono arrendersi al torpore della menzogna e del ricatto ai danni dei più deboli.