«Attento, possiamo farti male», «Ti facciamo una faccia di schiaffi», «Ti massacriamo di botte»: queste le parole rivolte a quello che in genere si definisce un “prete di frontiera”, don Riccardo Agresti, il parroco della chiesa di «Santa Maria Addolorata alle Croci» nel quartiere «Camaggio» di Andria. Un fatto davvero inqualificabile, che ha trovato puntuale la condanna del consigliere regionale Sabino Zinni:
«Il tono minatorio di queste parole si commenta da sé e non va per nulla sottovalutato, ma quello che fa più male è la portata mafiosa, mi sembra questo l’aggettivo più appropriato, di un tale avvertimento.
Don Riccardo Agresti io lo conosco bene e sono certo che non basteranno parole lanciate da due sconosciuti che scorrazzavano su uno scooter per spaventarlo. Peraltro, il fatto che l’episodio sia coinciso con il triduo pasquale – lui stesso ne ha dato notizia ai suoi fedeli durante la messa in Coena Domini, invitandoli a sostenerlo con le loro preghiere – lo avrà aiutato a immedesimarsi fino in fondo con la solitudine di Cristo nel Getsemani e con la sua passione.
Ma don Riccardo sa meglio di me che la passione ha un termine preciso. Quella della Croce è una “collocazione provvisoria” e il buio, come insegnava don Tonino Bello, ha una durata limitata: da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, poi il Golgota è destinato a essere spazzato via dalla luce del Risorto.
A don Riccardo, la luce viene dalla sua fede, ma anche dall’amore e dalla vicinanza di quanti lo conoscono e lo amano e di quanti, grandi e piccoli, sono stati da lui beneficati lungo i decenni del suo fecondo ministero.
Nel mio piccolo, anch’io desidero esprimere tutta la vicinanza al sacerdote e all’uomo Riccardo e per questo ricorro alle parole di un saggio come Lao Tsu: “Essere amati profondamente da qualcuno ti dà forza. Amare profondamente qualcuno ti dà coraggio”. Forza e coraggio, caro don Riccardo!»
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