Dopo i due interventi precisi, mirati e molto attinenti da parte dell’Associazione di Categoria UniBat, a mezzo scritto del proprio Presidente provinciale, Savino Montaruli, ora ad intervenire sul delicato argomento che sta facendo emergere una serie di riflessioni dopo l’approvazione del Regolamento Dehors in consiglio comunale a Trani, è l’Associazione UnioneCommercio Puglia – Imprese per le Città.
In una nota l’Associazione pugliese prende spunto proprio dai precedenti interventi e dell’ultimo in ordine di data da parte dell’architetto Aldo Pinto, il quale sulle pagine di una Testata ha formulato osservazioni tecniche molto appropriate e, nello specifico, ha altresì lamentato, proprio esattamente come aveva fatto il Presidente UniBat Montaruli, il mancato confronto e coinvolgimento da parte dell’Amministrazione comunale tranese dei Professionisti. L’architetto entra nel merito della questione e risponde a quella che egli definisce “la richiesta effettuata dall’ amministrazione comunale”, evidentemente in modo tardivo rispetto all’iter procedurale avviato in solitudine e senza un confronto diffuso e democratico con tutte le parti in causa e con la città.
“Ha ragione – dicono da UnioneCommercio – l’architetto quando afferma che “è stato approvato un regolamento senza considerare minimamente alcun ordine professionale; senza contattare i fiduciari dei vari ordini che da 3 anni a questa parte si sono messi a disposizione della pubblica amministrazione costituendo un tavolo tecnico (mai ufficializzato) ed essendo disponibili ad accogliere ogni richiesta pervenuta dai tecnici comunali, dai vari dirigenti, e dal sindaco stesso.”, così come ha ragione quando afferma che “Il regolamento approvato non considera affatto la salvaguardia architettonica e paesaggistica della città di Trani, proponendo una serie di articoli mirati solo ed esclusivamente allo sviluppo degli esercizi commerciali, attraverso la totale mancanza di disegni tecnici, e la mera pubblicazione di cataloghi di arredi.
Condividiamo perfettamente – aggiungono da Bari – l’invito dell’architetto a “rispondere in modo forte e deciso proponendo all’ amministrazione di rivedere completamente il Regolamento approvato, di fare un passo indietro, per evitare di rovinare ulteriormente quella che definiscono ‘la perla dell’Adriatico’.
Come Associazione che abitualmente si confronta con esperti e professionisti, invitiamo l’Amministrazione comunale tranese, in primis l’assessore alle Attività Produttive, a porre un freno a quei facili entusiasmi che evidentemente si stanno rivelando frettolosi e forse pure infondati, alla luce di ciò che sta emergendo e delle tante posizioni critiche. E’ urgente ed inderogabile un incontro pubblico alla presenza della Soprintendente competente per territorio per analizzare quel Regolamento approvato, chiedendo espresso parere della medesima Soprintendente che non pare sia allegato alla Deliberazione in modo da apportarvi immediatamente, prima che entri in attuazione, le modifiche necessarie, urgenti e richieste”.
L’Intervento dell’architetto Aldo Pinto
Gentili colleghi e amministratori locali, da “architetto” in risposta alla richiesta effettuata dall’ amministrazione comunale, allego le mie personali osservazioni in merito al regolamento dei dehors. Da “libero professionista”, nato e residente a Trani, non posso esimermi da una premessa: è stato approvato un regolamento senza considerare minimamente alcun ordine professionale, senza contattare i fiduciari dei vari ordini, che da 3 anni a questa parte si sono messi a disposizione della pubblica amministrazione costituendo un tavolo tecnico (mai ufficializzato) ed essendo disponibili ad accogliere ogni richiesta pervenuta dai tecnici comunali, dai vari dirigenti, e dal sindaco stesso.
Il regolamento approvato non considera affatto la salvaguardia architettonica e paesaggistica della città di Trani, proponendo una serie di articoli mirati solo ed esclusivamente allo sviluppo degli esercizi commerciali, attraverso la totale mancanza di disegni tecnici, e la mera pubblicazione di cataloghi di arredi. Basta guardare qualche immagine delle più belle città del mondo, per notare la totale mancanza di dehors (soprattutto di frangisole in alluminio) nelle piazze, nei centri storici, lungo le banchine portuali. La conformazione della nostra città, la disposizione degli edifici sul porto, andrebbe esaltata, liberata da ogni superfetazione, piuttosto che occultata da cubi in alluminio con vetrate scorrevoli. Provate a passeggiare a Portofino, in piazza San Marco a Venezia, a Parigi: lì i commercianti rispettano l’ arte, l’architettura della città, la sua storia. Se gestiscono un locale di trenta metri quadri, non pretendono di poter realizzare un loft di vetro e alluminio di cinquanta metri all’esterno per poter avere un maggior numero di “posti a sedere”. L’attività vive esternamente quando le condizioni meteorologiche lo consentono, non contrapponendosi ad esse con sterili “pergole bioclimatiche” e vetrate “senza profili”. Questi elementi alterano la percezione degli spazi, occludono la visuale sugli edifici storici, anche se non posti direttamente a contatto con gli stessi, ma a due metri di distanza. Sia chiaro, non sono contro lo sviluppo commerciale, ma un piano del genere andrebbe studiato in modo approfondito, dettagliato, e condiviso, non può essere elaborato da “tecnici indefiniti” e presentato in modo approssimativo ai professionisti della città Trani e dei comuni limitrofi.
Ai colleghi dell’ ordine consiglio di rispondere in modo forte e deciso proponendo all’ amministrazione di rivedere completamente il regolamento approvato, di fare un passo indietro, per evitare di rovinare ulteriormente quella che definiscono “la perla dell’Adriatico”.
Da semplice “architetto libero professionista” vi affido il mio pensiero, da cittadino che lotta quotidianamente per restare in questa città, spero di essere stato chiaro e non frainteso.
Di seguito, le mie personali osservazioni:
Art. 1 –
L’interesse pubblico alla tutela delle caratteristiche architettoniche e paesaggistiche degli ambiti urbani di intervento, comporterebbe lo studio di ogni singolo ambito da parte dei progettisti, andrebbero individuate macro aree di intervento, e linee guida differenti per ogni singola area.
Art. 2 –
Le definizioni di dehors aperto e chiuso andrebbero completamente rimodulate, dato che la delimitazione “su tre lati da elementi” nel caso di struttura addossata alla facciata, ma distaccata solo per ragioni statiche, andrebbe a creare uno spazio chiuso su 4 lati. Andrebbe approfondito lo studio formale degli elementi, si parla solo di 3 lati, presupponendo che il massimo dei lati siano 4, la materia geometrica ricorda ben altre forme e combinazioni possibili, se si considera tutta la sfera poligonale.
Art. 3 –
Bisognerebbe individuare i vincoli citati, culturali e paesaggistici, che non sono affatto evidenti nelle tavole allegate al regolamento.
In quali proporzioni sarebbe individuata l’ area occupabile rispetto alle superfici interne del locale? Questo avverrebbe solo nel caso in cui sorgano conflitti inerenti alla stessa area?
Art . 4 –
2.
La documentazione da inviare alla Soprintendenza per conoscenza, sarebbe una copia del titolo edilizio inviato al comune? Sulle zone individuate dalla planimetria allegata, ci sono diversi punti critici, che andrebbero studiati in modo approfondito.
I manufatti conformi all’ abaco, che sarebbe meglio chiamare “catalogo aziendale”, non saranno assoggettati ad autorizzazione, purché non ancorati al suolo. Tali manufatti hanno bisogno di una zavorra, che andrebbe dimensionata e definita (è stato fatto solo per gli ombrelloni), sempre nell’ ottica della tutela delle caratteristiche architettoniche e paesaggistiche.
DPR 31/2017, tabella A;
A.17. installazioni esterne poste a corredo di attività economiche quali esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, attività commerciali, turistico-ricettive, sportive o del tempo libero, costituite da elementi facilmente amovibili quali tende, pedane, paratie laterali frangivento, manufatti ornamentali, elementi ombreggianti o altre strutture leggere di copertura, e prive di parti in muratura o strutture stabilmente ancorate al suolo. La progettazione unitaria di uno specifico contesto urbano andrebbe definita già in questo regolamento.
Art. 5 –
Il titolo abilitativo necessario (SCIA-CIL-CILA-PDC) sarà consegnato dopo aver ottenuto l’ autorizzazione all’ occupazione da parte del SUAP?
Art. 15 –
Sarebbe opportuno indicare quali sarebbero i materiali non deperibili da utilizzare per indicare i “segna limiti”.
Art. 17 –
3.
Bisognerebbe specificare se possono essere prese in considerazione solo variazioni di materiali e colori, o anche di forme e tipologie.
ALLEGATO B –
Sarebbe opportuno allegare disegni maggiormente definiti delle tipologie di tettoie, pensiline e pergolati, il vetro, così come l’ alluminio, sono materiali in contrasto con quanto prescritto all’
Sedie e tavoli.
“Disegno lineare” non è una definizione geometrica, si rimanda a 10 minifoto da catalogo “a titolo esemplificativo”, questo comporta una vasta scelta di materiali e tipologie di arredo completamente differenti, soprattutto considerando gli spazi attigui di due diverse proprietà.
Ombrelloni.
Andrebbe specificato che ogni ombrellone può avere due sostegni installati all’ interno dell’ area concessa, o che il totale dei sostegni all’ interno dell’ area deve essere pari a due, così come il numero degli ombrelloni. Sarebbe opportuno specificare anche l’ altezza massima degli ombrelloni, così come la loro larghezza complessiva.
Paraventi.
Per le pannellature è ammesso, oltre al vetro, un “materiale plastico” non specificato, e soprattutto l’ Etilene – Tetrafluoroetilene (ETFE), materiale innovativo maggiormente utilizzato nelle coperture di architetture contemporanee, questo è sempre in contrasto con quanto prescritto all’ art.1.
Apparecchi illuminanti.
L’ indicazione del colore chiaro, e la monocromia, non garantirebbe uniformità di illuminazione, dato l’ ampio spettro di colori chiari esistenti, sempre in riferimento all’ accostamento di differenti proprietà.
Pedane.
Sarebbe opportuno specificare la possibilità di installare pedane in presenza di gradoni (es. zona porto), o negarla (in contraddizione con la planimetria allegata); l’ irregolarità della pavimentazione, o la sua pendenza, sono elementi soggettivi, andrebbero individuate e disegnate le zone dove sarebbe possibile installare le pedane.
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