La terribile vicenda della vile uccisione di un’anziana concittadina, ci lascia tutti sgomenti, pietrificati nel dolore, indignati. Quella nostra “nonnina”, catturata ed usata come scudo in un cruento regolamento di conti fra bande di spietati criminali armati fino ai denti, ci pone alcuni drammatici interrogativi: fino a quando saremo costretti a vivere in questo “stato di guerra” tra gang rivali, a chi toccherà la prossima volta ed, infine, dov’è lo Stato?
Sono assolutamente certo che la risposta delle Autorità di polizia e giudiziarie non tarderà ad arrivare, ma frattanto il nostro vivere quotidiano è appeso ad un filo di speranza che si fa sempre più sottile.
È tanto inaccettabile quanto insostenibile vivere come autentici “ostaggi” della paura; una paura che non riusciremo facilmente a scrollarci di dosso: quella di trovarci – noi, i nostri figli, i nostri cari, i nostri amici o chiunque sia – nel luogo sbagliato e nel momento sbagliato, proprio come è capitato alla povera nonnina.
L’angoscia, dunque, ci assale e ci travolge, l’apprensione ci porta a restare in casa, a guardare con sospetto e circospezione ogni centimetro del tratto di strada che percorriamo, a vivere in una luce cupa i tanti bei luoghi della nostra amata Bitonto.
Sono gli effetti collaterali di quella che chiamo la “sindrome di abbandono”: sì, ho detto di “abbandono”, perché è così che si sente il cittadino, quando assiste impotente a storiacce come quella di Bitonto. Ed allora, tornano a bomba le vecchie, annose ed irrisolte questioni sulla “sicurezza” cittadina ed un’altra domanda si aggiunge alle precedenti: come può, una comunità come la nostra, non essere (ancora) dotata di più qualificati presidi di polizia?
Penso all’istituzione di una “compagnia” dell’Arma dei carabinieri (con articolazioni investigative e personale più numeroso), essendo oltremodo insufficiente una semplice stazione, per quanto composta da militari operosi; penso al potenziamento dell’attuale Commissariato di Polizia, egregiamente diretto ma oggettivamente sottodimensionato – quanto a uomini e mezzi – rispetto alle esigenze effettive di un territorio come quello bitontino, vasto ed ad alta densità criminale; penso, ancora, all’istituzione di poliziotti di quartiere, che vigilino e pattuglino in modo permanente almeno quelli che sono gli obiettivi più “sensibili”, ivi compresi strade e luoghi di aggregazione giovanile. So bene che le diverse Autorità fanno quello che possono, ma occorre fare di più ed occorre fare presto: prima che sia troppo tardi, prima che uscire di casa diventi un atto di “eroismo” o, peggio ancora, si risolva in una tragedia.
Comincia da noi la riscossa, con la nostra piena collaborazione con quelle forze di polizia che in queste ore stanno investigando per assicurare i colpevoli alla giustizia.
Finchè nelle “sedi competenti” non si affronteranno e risolveranno i problemi cui ho fatto cenno e che sono ancora sul tappeto, non potremo certo rassegnarci a subire ed a sopravvivere: finiremmo con l’alimentare una concezione rachitica della “felicità”.
Reagiamo con dignità e fermezza al gesto vile e criminale, facciamoci coraggio, teniamoci stretti e camminiamo a testa alta lungo le strade della nostra città.
Michele Ruggiero
Magistrato – Consulente della Commissione Parlamentare di Inchiesta sul Sistema Bancario e Finanziario –
Cittadino di Bitonto
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