Si sottopone ad un intervento chirurgico di mastoplastica additiva e mastopessi ma qualcosa va storto: trentenne chiede il risarcimento danni alla clinica.
Del caso di malasanità se ne occupa l’avvocato Luca Supino Di Lorenzo dello studio Di Lorenzo and Partners di Caserta. Protagonista una giovane nata a Castellana Grotte e residente nella provincia Bari, che il primo dicembre dello scorso anno è stata ricoverata in regime di day surgery con diagnosi di ipotrofia, ptosi ed asimmetria mammaria presso un rinomato Centro Medico Chirurgico di Trani, dove è stata sottoposta ad intervento chirurgico di mastoplastica additiva e mastopessi.
A seguito dell’intervento la donna, ad inizio 2017, ha effettuato diversi esami ecografici strumentali, prima presso un centro diagnostico di Monopoli e poi presso due studi specialistici privati, che hanno permesso di evidenziare dapprima gli esiti di un sieroma alla mammella destra con protesi sinistra caratterizzata da margini bozzuti in sede latero-inferiore e supero-mediale e successivamente la coartazione protesica bilaterale. A giugno scorso inoltre dopo essersi sottoposta anche ad una risonanza magnetica bilaterale alle mammelle presso un centro diagnostico di radiologia medica di Caserta, si è riscontrato anche un profilo ondulato della protesi sinistra e l’asimmetrico posizionamento delle protesi.
“La mastoplastica additiva è un intervento di chirurgia estetica che consente di modificare la forma e le dimensioni di un seno ritenuto troppo piccolo o di correggere un’asimmetria mammaria, migliorando l’armonia del corpo ed il senso di autostima. La cattiva riuscita dell’intervento chirurgico, a cui si è sottoposta la 30enne, è addebitabile ad un inadeguato planning preoperatorio e comunque all’errata esecuzione dell’atto chirurgico, che peraltro non è ricostruibile dalla lettura della cartella clinica, del tutto incompleta e carente. Inoltre manca anche un adeguato consenso informato all’operazione di chirurgia plastica”, spiega l’avvocato Supino Di Lorenzo, esperto di Diritto Sanitario e Responsabilità per colpa professionale medica.
Dall’analisi dell’intera documentazione si è riscontrato quindi che il primo elemento di censura individuato è inerente proprio al modulo di consenso informato relativo all’intervento chirurgico.
“Non si è venuta a realizzare quella adeguata informazione necessaria ai fini dell’ottenimento di un valido consenso da parte del paziente e nel rispetto del principio di autodeterminazione dello stesso, in quanto non sono state fornite informazioni realistiche circa le possibilità di ottenimento del risultato perseguito e sulle reali possibilità di miglioramento fisico.
E’ venuta a mancare, quindi, quella connotazione specifica in virtù della quale più adeguatamente dovrebbe parlarsi non tanto di consenso informato, bensì di informazione resa ai fini dell’ottenimento del consenso all’esecuzione di una prestazione medica, la quale è per sua natura di carattere ‘violento’ ed è resa lecita proprio dall’assenso fornito dal paziente, in assenza del quale la performance stessa non trova giustificazione alcuna, non essendo presente, come nel caso de quo, alcun carattere di urgenza o pericolo di vita per il fruitore dell’atto medico in questione”, sottolinea il legale.
Inoltre, l’attuale asimmetria mammaria associata alla ptosi bilaterale è da ricondursi ad un inadeguato planning preoperatorio, necessario per la valutazione del grado di ptosi mammaria e per la pianificazione di un adeguato piano operatorio, atto a ricreare un seno tonico, proporzionato e modellato anatomicamente nel profilo e nelle dimensioni.
“Tale predetta carenza è quindi da ritenersi alla base delle inadeguate manovre chirurgiche responsabili del quadro anatomico attuale. Inoltre, è necessario sottolineare che alla cartella clinica non è allegato alcun registro operatorio e quindi il chirurgo non fornisce alcuna prova dell’adeguata esecuzione tecnica dell’intervento chirurgico. Allo stesso modo non risulta la prescrizione di terapia antibiotica post-operatoria, né la valutazione intra-operatoria della necessità di apposizione di drenaggi, l’applicazione di un’adeguata medicazione elasto-compressiva, né ancora una corretta valutazione clinica post-operatoria precedente alla dimissione della paziente”, aggiunge il legale.
Dunque, non solo non risulta adeguatamente pianificato l’intervento e correttamente eseguito lo stesso, ma non vi è alcuna traccia del congruo trattamento terapeutico successivo. L’errata esecuzione dell’intervento ha causato diversi danni alla paziente, che oggi presenta un moderato pregiudizio estetico ed è affetta da una severa forma di depressione. Situazione che l’ha spinta a rivolgersi al legale e a richiedere un risarcimento danni alla clinica e al medico.
Send this to a friend