Intensa e densa di emozioni la giornata organizzata sabato dal liceo classico con la collaborazione del presidio di Trani di Libera. In un’Aula Magna affollata di ragazzi attentissimi si è parlato di mafia e criminalità alla presenza di due testimoni d’eccezione: Pinuccio Fazio, padre di Michele, ragazzo che a 15 anni rimase accidentalmente vittima di una sparatoria avvenuta nel quartiere in cui viveva a “Bari vecchia”, e Giuseppe Costanza, autista del giudice Falcone miracolosamente sopravvissuto alla strage di Capaci.
Le parole di Costanza, che dopo l’attentato ha subito un’inaspettata e sospetta emarginazione da parte delle istituzioni, sono risuonate come un vero e proprio atto di denuncia in nome di una verità che, a distanza di 25 anni, ancora fatica ad emergere. E il sospetto, corroborato da una serie di elementi da lui rivelati, è che in realtà pezzi dello stato facciano di tutto perché la verità resti nell’ombra. La mafia, nella morte di Falcone e poi di Borsellino, avrebbe avuto solo un ruolo di manovalanza. Non si spiegherebbero altrimenti una serie di strane circostanze, come quelle relative al fallito attentato dell’Addaura dove azioni di depistaggio impedirono di risalire ai mandanti; né si spiegherebbe il motivo per cui Falcone non sia stato ucciso a Roma dove circolava liberamente, ma a Palermo, dove è più facile pensare alla matrice mafiosa; non si spiegherebbe poi il ritrovamento, a distanza di anni, dello scomparso pc del magistrato ormai ripulito di tutti i suoi contenuti (particolare inedito, che ricorda quello della più famosa agenda rossa di Paolo Borsellino); né ancora si spiega la cattura di Riina successiva alla strage, dopo una lunga latitanza a casa sua. Falcone – racconta Costanza – stava per diventare procuratore nazionale antimafia, ed è per questo che fu eliminato, così come poco dopo Borsellino, che avrebbe altrimenti preso il suo posto in quel ruolo. E il fatto che nei 25 anni successivi alle stragi non si sia ricostituito il pool antimafia, strumento in grado di salvaguardare le indagini da possibili intimidazioni, ritorsioni, o collusioni grazie alla condivisione delle informazioni tra diversi giudici, è un fatto grave che, secondo Costanza, è indicativo di una precisa volontà di proteggere i veri colpevoli: i colletti bianchi. Le parole di Costanza, che rivendica il diritto ad ottenere verità e giustizia, sono un grido di dolore e di rabbia che colpisce tutti gli ascoltatori, e l’emozione nell’aula è forte.
Altrettanto toccante la testimonianza di Pinuccio Fazio. Lui è stato capace di trasformare il dolore e la disperazione per la perdita di un figlio appena quindicenne in un impegno di antimafia sociale che ha dato importanti risultati. Il quartiere in cui abita non è più lo stesso da un po’ di anni, anche grazie alla battaglia che porta avanti insieme alla moglie e che ha permesso l’arresto degli assassini del figlio. Prima c’era una lotta tra due clan rivali, gli Strisciuglio e i Capriati – Fazio non esita a fare i nomi – e la paura era il pane quotidiano per gli abitanti di quella zona, costretti a camminare a testa bassa e a rintanarsi nelle proprie case con la convinzione che quella guerra, mantenendosene a distanza, non li riguardasse. E invece la morte di Michele aveva improvvisamente mostrato che quella guerra li riguardava eccome, che nessuno può sentirsi immune dalle sue conseguenze.
Questo mi ha fatto pensare alla mia città e all’omicidio avvenuto l’inverno scorso in una strada di periferia. Anche in quel caso credo che la tentazione di molti sia stata quella di pensare che la vicenda, un regolamento di conti tra criminali, non riguardasse chi si tiene alla larga da queste situazioni. Eppure nelle immagini riprese dalle videocamere compare una donna con una carrozzina che passa proprio nella traiettoria dello sparo. E’ stata solo fortuna che non siano stati colpiti degli innocenti, persone a cui le lotte tra malavitosi sono fatti che non riguardano. Pinuccio Fazio con la sua opera di sensibilizzazione e denuncia, grazie a cui ha contribuito a riportare un clima di serenità nel suo quartiere, ci ricorda che nessuno può mai sentirsi al riparo, e che tutti dobbiamo fare la nostra parte.
Ebbene, guardando i ragazzi così interessati ed emozionati, ho la certezza che l’esempio di questi uomini avrà lasciato un segno, e magari potrà generare nuovo impegno.
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