35 anni fa il Gen. Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di polizia Domenico Russo venivano barbaramente trucidati da un commando armato della mafia.
Libera vuole ricordare sopratutto alle giovani generazioni la figura del generale che, nominato Prefetto di Palermo e, conoscendo il rischio cui si esponeva aveva cercato di portare avanti la lotta alla mafia con determinazione ed efficacia. Aveva capito che la lotta alla mafia doveva essere soprattutto culturale. E per questo non esitò ad incontrare studenti, giornalisti, operai, sindacalisti e tutte le associazioni di categoria per raccogliere intorno allo Stato tutte le forze interessate a lottare contro il crimine e il malaffare.
Proprio in uno di questi incontri disse: ” se è vero che esiste un potere, questo potere è solo dello Stato, delle sue Istituzioni e delle leggi. Non possiamo oltre delegare questi poteri né ai prepotenti né ai prevaricatori né ai disonesti.
Invocò senza esito i poteri di coordinatore per la lotta alla mafia.
Aveva ben individuato il potere affaristico/mafioso e ben presto la sua persona fu circondata da diffidenza e ostilità da parte della Palermo che contava.
Destinato alla sua missione solitaria il Generale dalla Chiesa rimase al suo posto sino all’ultimo dei suoi 100 giorni in difesa della libertà e della democrazia.
Non a caso in via Carini, all’indomani dell’eccidio (3 settembre 1982), venne rinvenuto un lenzuolo con la scritta “qui è morta la speranza dei siciliani onesti”.
Michele Gallo – referente del presidio di libera Trani
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