Sono quasi 5mila le aziende appartenenti ai diversi settori merceologici delle province di Bari e di Barletta – Andria – Trani “visitate” dagli ispettori del Ministro del Lavoro nell’anno 2016. In una ispezione su due sono state riscontrate irregolarità, 2348 sono state le infrazioni per numero di lavoratori accertati di cui in nero 1618. L’agricoltura è il settore maggiormente colpito dove la percentuale di sommerso si attesta intorno all’86%, seguono i servizi e la ristorazione all’83%, il manifatturiero al 77%, al 70% il commercio. I numeri li diffonde direttamente il Ministero in un report nazionale che non fa altro che fotografare una situazione più volte sottolineata e denunciata dalla Cgil.
“Il lavoro nero continua a rappresentare la piaga maggiore per il territorio – spiega Giuseppe Deleonardis, segretario generale Cgil Bat –, a cui si aggiunge un altro fenomeno altrettanto grave che è quello delle varie infrazioni ed evasioni contrattuali e in materia di sicurezza sul lavoro che si attestano al 60% con picchi del 68%. Serve maggiore qualità del lavoro ma soprattutto serve che i sindaci e le istituzioni smettano di stare a guardare in silenzio. Insieme a Cisl e Uil abbiamo chiesto ai Sindaci della Provincia Bat di attivare tutte le iniziative in grado di intercettare le risorse comunitarie e avviare percorsi virtuosi per lo sviluppo, costruendo occasioni di confronto tra le parti sociali ed il partenariato economico e sociale: abbiamo proposto la sottoscrizioni di due protocolli, uno sulle relazioni sindacali con le A.C. e sui bilanci e politiche di welfare comunale alla costruzione di percorsi di governance in grado di rilanciare le politiche di sviluppo per cogliere le opportunità messe un campo dall’Europa ed un altro sugli appalti pubblici. Dopo mesi dall’inizio delle trattative il bilancio è sconfortante: solo con quatto comuni abbiamo firmato il primo accordo (quello sulle relazioni sindacali) mentre nessuno dei sindaci interpellati fino ad ora ha dimostrato interesse a stabilire criteri in materia di concessioni e appalti pubblici di lavori, forniture, servizi, responsabilità solidale e clausola sociale”.
“Riteniamo che proprio alla luce dei dati sul nero emersi dalle ispezioni sia più che mai urgente che almeno le pubbliche amministrazioni si facciano promotrici della cultura del lavoro di qualità e che prestino una particolare attenzione nel momento in cui fanno un affidamento diretto o procedano con l’aggiudicazione di un appalto se è vero come è vero che i settori in cui si annidano le maggiori irregolarità, oltre all’agricoltura, sono quelli della ristorazione e dei servizi ma anche sociale, sanità ed istruzione non se la passano meglio, infatti in questi settori, sempre secondo il Ministero un lavoratore su due è a nero”.
Cgil, Cisl e Uil il ancora a giugno scorso sono tornate a scrivere ai dieci sindaci del territorio per sollecitare la costruzione di un percorso che, unitamente alle politiche di sviluppo e all’incremento dell’occupazione, punti alla qualità del lavoro e dei diritti.
Obiettivo questo rientrante in una battaglia più generale sulla legalità prevista anche dalle norme legislative in materia di lotte e contrasto al lavoro nero e a tutte le forme di irregolarità, quali la legge 199/2016 e la legge regionale n. 28/2006 che espressamente prevedono l’obbligo in capo alle committenze pubbliche di prevedere sia negli appalti e sia nel beneficio delle risorse pubbliche, la regolarità contributiva, il rispetto della contrattazione collettiva nazionale e integrativa con revoche e sanzioni per la mancata applicazione delle stesse. “Ad oggi – conclude Deleonardis – nessuno dei destinatari della mail ha ancora risposto. Un silenzio inaccettabile. La nostra proposta è una lotta di civiltà giuridica che mira ad attualizzare e dare applicazione alla legislazione vigente ma evidentemente, visto il silenzio di tutti, deduciamo che le istituzioni non sono intenzionate ed interessate a combattere al nostro fianco questa battaglia: il tema della legalità non interessa proprio nessuno, succubi del mercato e di un’idea di scambio tra lavoro e diritti”.
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