Si suona a quattro mani al Barletta Piano Festival, dove sabato 15 luglio (ore 21) è di scena il duo composto da Sergio Marchegiani e Marco Schiavo. L’appuntamento con la manifestazione diretta da Pasquale Iannone nella Rete di musica d’arte Orfeo Futuro e organizzata dagli Amici della Musica «Mauro Giuliani» con il sostegno di Regione Puglia e Comune di Barletta, è a Palazzo della Marra con l’esecuzione a quattro mani delle ventuno Danze ungheresi di Brahms firmate con «vero slancio gitano» dalla coppia di musicisti, che del ciclo hanno inciso un cd di prossima pubblicazione. Sul mercato discografico hanno, invece, debuttato nel segno di Schubert, nel 2014, con una registrazione per la Decca, etichetta prestigiosa quanto le orchestre e le sale da concerto incontrate in dieci anni di attività in duo, dai Symphoniker e dalla Konzerthaus di Berlino alla Carnegie Hall e alla New York Symphony Orchestra.
Hanno studiato con grandi didatti, da Ilonka Deckers Küszler ad Alexander Lonquich, Bruno Canino, Franco Scala, Aldo Ciccolini e Sergei Dorenski. Insegnano nei Conservatori di Alessandria e Potenza e sono spesso invitati a far parte di giurie di concorsi internazionali e a tenere masterclass in tutto il mondo. E in duo sono apprezzati da pubblico e critica internazionale per lo stile personalissimo, la naturalezza del discorso musicale, la bellezza del suono, l’intensità e la travolgente energia dell’interpretazione.
Energia da abbinare a una straordinaria tecnica, fondamentale per interpretare le Danze ungheresi, che Brahms compose per pianoforte a quattro mani in periodi diversi mostrando di nutrire particolare interesse per la musica popolare magiara. Aveva conosciuto molte di queste danze in gioventù, nelle birrerie viennesi e nei viaggi compiuti in Ungheria per accompagnare il violinista Ede Reményi. E ne aveva annotate diverse, anche se si servì, per le sue composizioni, di altre fonti. Tuttavia, come per le Rapsodie di Liszt, anche le danze di Brahms dovrebbero intitolarsi “tzigane”, perché con la musica tzigana veniva allora identificata la musica popolare ungherese. Fino al Novecento, infatti, l’autentica tradizione magiara, di estrazione contadina, rimase confinata nelle campagne e completamente sconosciuta nei centri culturali urbani. Per scoprirla bisognerà attendere Béla Bartòk e Zoltàn Kodàly, i due musicisti cui si deve l’esplorazione e la divulgazione di quell’immenso patrimonio sonoro.
Biglietti euro 5, info 347.6194215.
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