Molto spesso gli autori per rendere verosimili le loro narrazioni ricorrono all’io narrante.
In questo caso la voce che racconta è spiazzante: la sua cabina di osservazione e di registrazione del mondo è l’utero, lui è un nascituro.
Non conosciamo il suo nome ma entriamo nel suo mondo e conosciamo dalle sue parole sua madre, Trudy, bella ma perfida, suo padre John, poeta sensibile ma povero e sconosciuto, il suo becero zio Claude, immobiliarista senza scrupoli, sciocco, nonché amante di sua madre.
La coppia fedifraga architetta l’omicidio del povero padre e sotto non gli occhi ma le orecchie e i suoi acutissimi sensi, il nascituro sente nascere e svolgersi il piano omicida che tenterà (!) di sventare.
La narrazione procede al ritmo di un thriller con momenti alterni di tensione e di divertimento perché il bambino, cresciuto ascoltando programmi radiofonici di notevole livello, pensa, congettura, esprime opinioni come fosse un sagace adulto (e che adulto!).
Maestro della narrazione Mc Iwan fa del suo infante un testimone occulto e presente, come nell’Amleto, e il suo dilemma sarà “essere o non essere”, “nascere o non nascere”.
E incredibilmente sarà decisivo un atto di volontà del più piccolo dei protagonisti nell’epilogo della vicenda.
Da leggere assolutamente!
Francesca Griner
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