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Trani – Ridondanza e formazione nella scuola moderna. Le riflessioni di Norberto Soldano

12 Novembre, 2016 | scritto da Redazione
Trani – Ridondanza e formazione nella scuola moderna. Le riflessioni di Norberto Soldano
Attualità
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Prendo spunto dalla riflessione del prof. Luigi Vavalà in merito al tema della “Ridondanza e formazione nella scuola moderna” per esprimere alcune considerazioni.
E’ bene, innanzitutto, puntualizzare un aspetto dell’analisi del prof. Vavalà: i critici delle leggi dello Stato sono liberi opinionisti, ma chi non applica le leggi dello Stato disattendendone i postulati è un eversivo, non ci sono mezzi termini per definire diversamente chi infrange le leggi dello Stato. Viva la libertà di pensiero, ma all’abbasso gli eversivi.
Sgomberando il campo da ogni utopia, è necessario tenere i piedi per terra ed essere realisti. Sono numerose le problematicità di fondo che andrebbero oggi portate alla ribalta, temi che fanno evidentemente meno scalpore, rispetto alla cronaca nera e al teatrino quotidiano della politica con i suoi sterili battibecchi, ma che meriterebbero tutto l’interesse dell’opinione pubblica.
Trattasi, opportuno precisarlo, di problematicità che la scuola non può, con le sue poche forze, risolvere, ma solo cercare di arginare. E’ sicuramente compito della scuola porle all’attenzione dei ragazzi. Fermo restando però, (e su questo punto sono irremovibile) che è compito dello Stato individuarne le soluzioni e impartirne, attraverso i propri canali e mezzi, le strategie risolutive. Lo Stato, inteso come entità giuridica.
E’ idiota puntare il dito contro gli insegnanti che fanno il loro dovere, applicando con eccessivo zelo le leggi promanate dall’autorità centrale. Folle biasimarli. Come si può biasimare chi fa il proprio dovere? Il dito va puntato piuttosto contro lo Stato stesso, il cui compito è fornire agli studenti tutti quegli strumenti necessari per acquisire spirito critico e, quindi, la capacità reattiva nei confronti degli eventi del mondo, potenziando magari le ore dedicate all’insegnamento della storia o ampliando l’attività formativa, promuovendo progetti interattivi come la visita ai musei itineranti e la visione ciclica di trasmissioni di Rai Storia, con annessi momenti di confronto e dibattito, in orari pomeridiani.
Recentemente, in una mia riflessione sulla Gazzetta del Mezzogiorno sull’ecosostenibilità, argomentavo l’importanza dell’educazione ambientale nelle scuole, della promozione della raccolta differenziata, della salvaguardia del territorio. Se si studiasse approfonditamente nelle scuole l’impatto ambientale degli inceneritori, probabilmente la costruzione di più di cento inceneritori, programmata e già in corso in Italia, subirebbe una battuta d’arresto, venendo infatti bloccata dai presidi studenteschi e presa d’assalto dai futuri cittadini, sempre più consapevoli in materia ambientale. Occultare l’insegnamento dell’educazione ambientale fa evidentemente comodo a chi ha interessi nella costruzione degli inceneritori e nella gestione delle discariche. Drammatico constatare anche l’influenza di questi “poteri forti” sulle scelte di politica nazionale del nostro Paese, persino in ambito educativo. Iniziative, quelle prima citate, che sarebbero tutte finalizzate a creare una coscienza ambientalista oggi, per una cittadinanza più consapevole domani. Ribadivo ancora, il dovere dello Stato di ridefinire, una volta per tutte, i confini tra legalità e illegalità divenuta consuetudine. Nell’intento/illusione, di illuminare la via per un mondo ecosostenibile, una cultura dei doveri 2.0 che ponga al centro dell’attenzione, subito dopo il rispetto della persona umana, il rispetto per l’ambiente, la sua tutela, la sua salvaguardia.
In una riflessione su L’Unità, a gennaio, “imploravo” il ripristino dell’ora settimanale di educazione civica nelle scuole medie e superiori, già introdotta nella scuola statale da un grande statista come Aldo Moro, nel 1958 diventata poi materia curricolare e poi in tempi più recenti abolita. In un Paese laico come il nostro, trovo assurdo che lo studio della Costituzione sia meno indispensabile che dell’ora settimanale di religione.
Il ricorso alla digitalizzazione, se da una parte presenta numerosi vantaggi, dall’altra sembra quasi smaterializzare la nostra realtà circostante. Nel 1911, vi fu un’eroica protesta di Benito Mussolini e Pietro Nenni contro la guerra in Libia. Oggi, prendiamo atto, invece, del totale assenso della popolazione italiana, dinanzi alla decisione assunta dal Governo italiano di inviare reparti del nostro esercito nelle Repubbliche baltiche al confine sovietico, sulla quella che gli storici più avveduti, chiamano la nuova “cortina di ferro”. La nostra sensibilità pacifista sembra mutata radialmente. Urge una discussione approfondita anche su questo tema.
Per San Tommaso d’Aquino, l’uomo si distingue dagli altri esseri viventi per l’intelligenza, che non si esaurisce solo alla comprensione della realtà finita, ma si allarga anche alle cose che trascendono l’essere dell’uomo “e quanto di più nobile c’è in tutto l’universo”. Oggi, la capacità dialogica dell’uomo sembra esaurirsi in una manciata di parole, succinti slogan, input istantanei che riducono la discussione democratica alla mera contrapposizione, con conseguente scontro fra le parti. Fra rumori discordanti, sembra prevalere quello più frastornante. Al dibattito democratico sembra essersi sostituito il tumulto democratico, con ormai frequenti, all’ordine del giorno, “assalti ai fornai”, per usare un’espressione manzoniana.
La forza espressiva della nostra generazione, o meglio di una misurata e circoscritta frangia della nostra generazione (perché ve n’è anche un’altra parte, anche piuttosto preponderante, che ha deciso consapevolmente di ignorare la realtà esterna), sembra esaurirsi in un hashtag che lascia il tempo che trova sui social network.
Amara conclusione. Allo Stato, alla politica italiana corrotta, agli abili burattinai che manovrano i fili della comunicazione e ai cosiddetti “poteri forti” fa comodo lo status quo. Un popolo depauperato di uno strumentario critico finalizzato a un confronto sano e dialogo costruttivo, che non conosca la propria storia, al buio rispetto al proprio passato, privo di una coscienza civica, ambientale, è facilmente manovrabile. La sua incapacità di reagire agli eventi del mondo, di esprimere considerazioni politiche autentiche liberamente, la mancanza di strumenti per un dibattito critico, fragili debolezze come capelli esposti alla calvizie.
A “qualcuno”, anzi, “più d’uno”, ai piani alti, la stessa “ridondanza”, dal Professor Vavalà tirata in ballo, fa comodo. Inutile negarlo. Inconsapevolmente, la nostra democrazia viaggia verso una dittatura mascherata, con una cittadinanza sempre più ridotta a sudditanza, i cui valori fondanti della propria società si vedranno presto sostituiti dai numeri dell’economia e dai vincoli dei parametri della tecnocrazia. Alla nostra generazione, l’ardua sfida di invertirne il senso di rotta.
Norberto Soldano

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