«Le conseguenze determinate dall’indifferenza manifestata dalla Regione fino ad oggi in materia di regolamentazione della caccia al cinghiale, non possono essere sottaciute anche in ordine alle responsabilità morali sul grave incidente occorso qualche giorno fa nelle campagne di Andria nei pressi della frazione di Montegrosso, sfociato tragicamente e fatalmente nel decesso di un appassionato cacciatore andriese, intento a cacciare cinghiali. Un tragico incidente che ripropone, in modo prorompente, la questione delle regole da osservare per questo tipo di caccia che, purtroppo, vede ancora latitante la nostra Regione al contrario di altre» – commenta il consigliere comunale con delega alle Politiche Agricole Benedetto Miscioscia.
Per questo, chiedo a tutte le organizzazioni interessate di mobilitarci per affrontare, una volta per tutte, questa vicenda per indurre il governo regionale a dotarsi di una legge che eviti il “far west”. Basterebbe regolamentare le modalità di caccia al cinghiale attraverso la selezione e il controllo praticato nel loro ambiente con opportune ed adeguate misure di sicurezza. Ciò consentirebbe di evitare, come avviene adesso, che i cinghiali vengano ingabbiati, spaventati e stressati per poi trasportarli altrove e, magari, macellati. I ben pensanti ritengono la caccia cruenta, gretta, brutale e via discorrendo, ma considerano quanto cruenta e molto più brutale sia la cattura eseguita con l’utilizzo delle gabbie e, soprattutto, ritengono in questo modo di ridurre drasticamente l’attuale soprannumero di animali selvatici attualmente in circolazione? Se il termine “caccia selezionata” non garba, allora introduciamo quello di “caccia programmata”, forse con questa modalità, eviteremmo due problemi: uno, quello dell’eccessivo e pericoloso numero di cinghiali in circolazione e l’altro quello del rischio di incidenti mortali, come quello purtroppo occorso al cacciatore andriese».
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