Articolo 23 della Dichiarazione universale dei diritti umani
“Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro. Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi”.
Articolo 4 della Costituzione Italiana
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”.
Voglio partire da questi due articoli fondamentali per affrontare un tema che mi sta a cuore, il diritto ad un lavoro dignitoso ed equamente retribuito.
Il tema del lavoro continua ad essere attuale. Sento parlare di ripresa, di nuovi posti di lavoro, di orizzonti di miglioramento, eppure intorno a me vedo, ascolto, percepisco, condivido esattamente il contrario.
Brillanti giovani, non bamboccioni, e numerose persone adulte, con una valida esperienza professionale, alla ricerca disperata di un’occupazione o piuttosto frustrati ed esauriti da lavori mal pagati, spesso offesi nella loro dignità di esseri umani. Questo quello che vedo, questa la triste verità!
La consapevolezza più dolorosa è che siamo arrivati al punto in cui tutto questo è ‘normale’. Oggi il diritto al lavoro non esiste, non nella mentalità della politica, non nella cultura del datore di lavoro e, quel che è peggio, non c’è più dentro di noi. La generalità delle persone chiede con timore reverenziale, quasi con vergogna, un lavoro cui ha diritto. Un impiego dignitoso per vivere, non sopravvivere, e poter progettare, investire, creare. Un lavoro che consenta di rispettare la dignità propria e della sua famiglia, soddisfare bisogni, migliorare capacità, evolversi. Poter cavalcare la realtà attuale che se da un lato è più esigente, richiede più attenzione al cibo, alla salute, all’estetica, alla tecnologia, alla formazione, dunque alla necessità di soldi, dall’altra non offre i mezzi necessari per far fronte a tutto ciò, se non attraverso il ricorso a percorsi agevolati, raccomandazioni, truffe.
Senza andare troppo indietro nel tempo, i nostri genitori quando imparavano un mestiere o dopo aver studiato, apprese competenze e professionalità, trovavano un lavoro conforme al loro profilo, soprattutto ben retribuito. A loro è stato riconosciuto il sacrosanto diritto ad un lavoro meritato, attraverso il quale creare la propria vita, concedendosi anche qualche piccola soddisfazione.
Oggi sembra che avere un lavoro sia un privilegio, una possibilità concessa a pochi e che richiede spesso di accettare condizioni inique, pagamenti tardivi, orari disumani, senza replicare. Questa realtà genera tristezza, frustrazione, smarrimento, infelicità. Determina una vera e propria guerra tra poveriin cui domina incontrastato l’egoismo dei pochi che accrescono il proprio potere. Del resto è più semplice dominare un paese fatto di persone senza speranza, prive di forza, audacia e coraggio.
Il mio invito è a re-agire, ad opporsi a questa dilagante ingiustizia che non è la ‘normalità’. Iniziamo con un NO, chiediamo quello che ci spetta, iniziamo ad avere consapevolezza dei propri diritti, a riconoscere il proprio valore e l’importanza dell’esperienza maturata. Chiediamo a gran voce il soddisfacimento di un nostro diritto, il diritto a un lavoro dignitoso ed equamente retribuito!
di Annalisa Lullo
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