Dichiarava poche migliaia di euro l’anno, ma lui e i suoi familiari erano in possesso di beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro, che, così come dimostrato dall’attività di indagine patrimoniale condotta dai Carabinieri della Compagnia di Andria (BT), su delega della Procura Distrettuale Antimafia di Bari, erano stati accumulati grazie alle illecite e fruttuose attività del pluripregiudicato Antonio Agresti, 45enne di Andria, attualmente in carcere perché ritenuto responsabile di svariate rapine ai danni di autotrasportatori.
I militari, l’altra mattina, hanno così dato esecuzione al provvedimento di sequestro anticipato di beni, emesso dal Tribunale del Riesame di Bari, che, secondo la Legge in vigore, prevede la possibilità di sequestrare i beni, in via cautelare, nei confronti di persone che si sono macchiate di reati particolarmente gravi e di cui i cespiti illeciti costituiscono il provento.
Il medesimo provvedimento ablativo era già stato eseguito il 23 ottobre 2014, allorché fu smantellato un sodalizio criminale dedito alle rapine a mano armata in danno agli autotrasportatori, di cui il 45enne faceva parte. Un ricorso giurisdizionale, però, presentato da Agresti e dai suoi congiunti, aveva permesso loro di rientrare, per qualche tempo, in possesso dell’illecito patrimonio.
Le nuove risultanze investigative acquisite dai Carabinieri, tuttavia, messe in risalto dalla D.D.A. di Bari, hanno consentito di neutralizzare la disponibilità dell’ingente patrimonio, dando così un duro colpo all’economia criminale del nordbarese.
I beni sequestrati si compongono di un appartamento e una villa di lusso, tre fondi rustici sui quali insistono altrettanti uliveti, condotti con le più evolute tecnologie a sostegno dell’agricoltura (impianti di irrigazione e di raccolta dei frutti avanzati), due autovetture, due motocicli, nonché conti correnti accesi presso un noto istituto di credito del luogo. Il tutto per un valore complessivo pari ad oltre 1,5 milioni di euro.
Dello sfarzo e dell’ostentazione ne prende atto anche il Tribunale del Riesame che, nel valutare i presupposti, argomenta: “[…] è sufficiente la visione delle foto a colori dell’interno dell’abitazione di via Lagnone per cogliere lo sfarzo e l’ostentazione di una ricchezza assolutamente ingiustificata. Basti considerare: le due aquile in pietra sulle colonne all’ingresso, la vasca in marmo con cascata di acqua, l’ascensore interno tutto in vetro che dal garage al piano interrato porta alla mansarda, le porte con borchie dorate, i due camini sia nella camera da letto che in mansarda, i copri water in pelle con incastonati swarovski, soffitti e travi in legno, mobile bar, vasca idromassaggio e box doccia con colonna idromassaggio, pareti imbottite di tessuto, televisori al plasma anche nei bagni, impianto di videosorveglianza con telecamere esterne […]”.
Beni sottoposti a sequestro senza facoltà d’uso ed affidati in custodia giudiziaria.
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