E’ abitudine comune, quella di dimenticare o ancor peggio di non conoscere quelle che sono le nostre radici sociali, le abitudini, i costumi, i percorsi culturali ,in quel passato che và necessariamente ricordato a volte con rimpianti o in alcuni casi preso come esempio per viver meglio quello che è il nostro presente.
Da questa necessità parte la ricercata storia de “La voeite è na guerra” , commedia dialettale tranese in due atti per la regia del Maestro Marco Pilone. Ambientata agli inizi degli anni ’70 , la vicenda di un nucleo famigliare “allargato” s’incastra con le vicissitudini quotidiane ,in un tripudio di sentimenti agro-dolci e la triste realtà di un epoca che vede il colera, protagonista non desiderato e tanto temuto,unitamente alla triste vicenda di una famiglia che tanto desidererebbe un figlio, e all’ immancabile fede cristiana in devozione a San Nicola Pellegrino,unica ancora di salvezza e rimedio ad ogni difficoltà.
Tra i vicoli della città vecchia di Trani, in un una modesta abitazione ricavata in un “sottano”,si amalgamano ingarbugliati fraintendimenti a porte aperte, le disgraziate vicende famigliari prendono forma con l’intervento di amici sempre pronti a sostenere e sorreggere ,anche per morbosa curiosità , il nucleo famigliare, ad impreziosire il dialogo mai volgare , oltre al dialetto , perle di saggezza di un tempo che echeggiano ancor oggi nei modi di dire, segno di un linguaggio ricercato dal sapore antico.
Merito al regista e ad ogni attore di aver reso anima e cuore del personaggio interpretato, regalando ad un pubblico attento momenti di spensieratezza e di riflessione, porgendo con leggerezza un attenta analisi di un contesto socio-storico che non è molto lontano dai nostri giorni, accarezzando con delicatezza , tatto e sensibilità, vicende umane troppo spesso nate a porte chiuse.
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Ogni volta, la bravura di questo regista/autore è commovente. Non ne sbaglia una. E’ davvero un artista straordinario. Rende con esemplare grandezza e semplicità “quel gran guazzabuglio che è il cuore umano” e ancor di più l’autenticità quasi antica delle tradizioni popolari. Bravo maestro Pilone! Non si stanchi mai….